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“Non ho memoria, almeno ne ho sempre avuta poca. E questo è un problema, perché ricordare aiuta sempre nella vita, specie se vuoi raccontare. Così mi arrampico sulle parole, battute su una tastiera però, che per me è più facile”. Parte da qui, da questa confessione – strana per un giornalista con 40 anni di servizio, e di servizi, sulle spalle – il nuovo libro di Alberto Caprotti, inviato di Avvenire sui fatti dello sport e della vita. C’è la voglia di mettere il punto su una carriera composta da mille cose fatte, fortunata nella misura in cui non è dato ai giornalisti di oggi, di sognarne di simili. Un certo giornalismo – si dice – ormai è morto, gli editori non lo co...
Nel 1945, tra le macerie dei bombardamenti che ancora deturpano Milano, rinasce il giornalismo, depurato dalle veline del Minculpop, irriverente sigla del ministero della Cultura popolare fascista. Un polo di aggregazione serale di giornalisti e artisti è il centralissimo quartiere di Brera, sostanzialmente diviso in due. Più o meno dalla piazzetta di Brera a piazza della Scala diventerà riserva di caccia del gruppo de L’Europeo, diretto da Arrigo Benedetti e nel quale dopo il ’50 comparirà un collaboratore romano de Il Mondo di Pannunzio, Eugenio Scalfari, uno di quelli che «andavano in via Veneto». Tra loro, anche Tommaso Besozzi, che firmerà la prima grande inchiesta di rottura...
Settantasette pensieri per la prima pagina di Avvenire, raccolti in questo libro da tenere sul comodino e leggere come più vi piace, tutto d'un fiato o una pagina ogni sera. Il racconto quotidiano firmato da un autore che non ci sta a dare a tutto ciò che ha sotto gli occhi un identico peso, ma che ama distinguere fra le tante piccole cose, e riflettere su di esse. "Difficile spiegare che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando. Ma anche che scrivere sia un lavoro. Perché i pensieri hanno un peso: quando li hai scritti, diventi più leggero. Allora riempio pagine di immagini, aggrappato alle cose che ancora mi parlano e mi raccontano la loro vita, che poi è la mia. Mi aiutano ad...
En 1980, une première cosca – un clan uni par des origines, une discipline et des intérêts communs – est fondée en France par deux chefs historiques de la ‘Ndranghetta calabraise. L’année suivante se tient à Nice un sommet du crime organisé qui réunit quelques-uns des plus puissants personnages du Gotha mafieux italien, italo américain et corse. Contraintes à l’exil par les succès de la lutte antimafia, la ‘Ndranghetta, la Camorra ou Cosa Nostra se sont installées en France, comme le prouvent, en 1993, les confidences du premier « repenti » français révélés ici. Parallèlement, certains élus peu scrupuleux utilisent à leur profit les pouvoirs économiques nés...
Dal 12 marzo al 3 maggio 2020, i 53 giorni che hanno cambiato la nostra vita. Parole, sensazioni, immagini inquietanti, un film da rivedere al contrario. Quarantena, pipistrello, contagio, zona rossa, gli ospedali, gli eroi, bella ciao, starnutire nell’incavo del braccio, tutto il mondo fuori, tutto il gelo dentro, i medici e i preti, il silenzio, le sirene, professione virologo, lavatevi le mani, il gigante di Dio solo nella piazza, l’uomo che scappa sulla spiaggia, l’uomo che insegue i decreti, la moltiplicazione dei decretini, gli uomini e le donne che non ci sono più, le sei della sera, i camion con le bare, i congiunti e i ricongiunti, nulla sarà più come prima, tutto sarà peggio di prima. Qualcosa c’era prima ma ho paura di essermelo dimenticato. Per questo ho messo su carta questi pensieri, per non dimenticare.
Le Olimpiadi viste con gli occhi del cuore degli atleti Vent’anni, cinque Olimpiadi attraversate d’un fiato, e una all’orizzonte che promette altra passione. E storie di cuore, tante. Storie di amore fisico, sentimentale, mentale. Oppure solo e semplicemente sportivo. Perché quando c’è un’Olimpiade di mezzo, un podio, una medaglia, il cuore può essere altrove. «Piango. Come prima, più di prima. Quando perdo. Non voglio sentirmi dire che nella vita c’è altro, non può essere...», ha confessato Valentina Vezzali. L’amore ha le sue geografie: troppe per essere catalogate. Abbastanza per far vincere o perdere. Passione e fatica, sentimento e sport: impossibile separare lati dell’anima che alla fine non possono non incrociarsi. Anche se Mike Fanelli, americano, che disputò la maratona ai Giochi di Seul nel 1988 con la bandiera delle Isole Samoa, un giorno disse: «Dividi una gara in tre parti: corri la prima con la testa, la seconda con la tua personalità, la terza col cuore...» Io ho provato a iniziare dal cuore.
“La crescita è un atto voluto, altrettanto approntare una via di fuga”. Comincia da qui il nuovo libro di Maurizio Lamorgese, marinaio di grande esperienza sia sulle rotte mediterranee, sia su quelle oceaniche. Uno che va per mare non prima di aver affrontato una disamina completa dei motivi personali o più genuinamente psicologici che lo spingono a tentare una nuova impresa, o a vivere da solo – a tu per tu con la barca e con se stesso – per lunghi mesi. E l’idea della fuga è uno dei motivi più ricorrenti. “Una buona fuga”, scrive Lamorgese, “è un atto di profonda coscienza”. La vita intera è costruita sulle scelte alcune apparentemente casuali, altre superficiali ma anch’esse non senza importanza, mentre altre ancora – e sono poche – vi porteranno molto lontano. Quello sarà un tempo tutto nuovo, unico, personalissimo, perché troverete ciò che di voi ancora non avete conosciuto. Fuggire per conoscersi. È dunque questo il segreto di ogni marinaio professionista?