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The hypothesis from which this book starts is that the twentieth century has broken the link between time and history, thus producing a twofold consequence. On the one hand, time definitively loses the characteristics of linearity and coherence that it still had in Hegel, and will be conceived in terms of a multiplicity of heterogeneous temporal lines; on the other hand, and consequently, history tends to disappear from the philosophical horizon to give way to theses on a post-historical time, whose main characteristics are stasis, the inability to synthesize incoherent temporalities, the impossibility of producing openings towards the future. However, precisely within the short century – the one in which time has supposedly contracted to the point of expunging history from itself – critical reflections were produced, which, despite the acquisition of scientific and philosophical lessons about the multi- form and reversible nature of time, have recovered a fruitful relation with history in a cumulative and teleological sense.
Umano, postumano, transumano, antropocene, animalità, relazione mente-corpo, intelligenza artificiale, diritti umani e inclusione, humanitas e umanesimo: queste le aree tematiche di indagine dei saggi che compongono il primo dei due volumi di Humanity. L’analisi che ne deriva fotografa un’umanità che – dalla modernità alla contemporaneità – si trova in continuo transito tra paradigmi perduti e nuove traiettorie. Le attuali emergenze umanitarie, i frequenti disastri ambientali, le non più avveniristiche ibridazioni tra umano e tecnica impongono un costante e rinnovato ripensamento delle condizioni e dei limiti a cui è esposta la nostra esistenza. La riflessione filosofica ed etico-politica sull’umano si situa, oggi, in una complessa e articolata scena di mondo: qui essa incontra il versante dell’arte o, più in generale, dell’estetico. Proprio risalendo alle origini del moderno, si possono trarre spunti per un rilancio critico del progetto umano, di un nuovo umanesimo finalmente depurato da retaggi ideologici e ipoteche metafisiche.
The point of intersection between the theoretical paths of Nancy and Arendt lies in the theme that is also the most difficult problem they bequeath to us. Both, in fact, think of being in terms of a drive to appear, a movement that tends to be infinite and, for that very reason dangerous, and yet one that must be indulged and even urged. Thought must, so to speak, stay close to this original dimension in which extension spaces itself: it is in this proximity that existence experiences a thrill, a fervor. It is what Arendt calls “public happiness” and Nancy calls “ferveur” or “extase”. The stakes of both philosophical exercises are very similar. It is a matter of identifying with extreme accuracy and within a much broader ontological drive, the narrow space between an intensification of existence comparable to fascist and fusional ardor, and an exposition that remains at a suspended step. It is a matter of taking the narrow path between mystical ecstasy, and an inoperative ecstasy, that is, a projection towards the outside that does not access any surreality, but merely spaces – continually putting back into play – immanence in which we are.
Varcata la soglia del XXI secolo, la questione ebraica non è ancora risolta. In un contesto storico segnato dall'esperienza della Shoah, dopo la Seconda guerra mondiale si è posta un'altra questione: il perdono, come sfida all'imperdonabile e all'irreparabile. In questo saggio Danielle Cohen-Levinas opera un'inversione: attraverso alcune grandi figure della filosofia contemporanea e del pensiero ebraico, passa al setaccio la questione dell'imperdonabile, cioè come limite alle molteplici aporie del perdono.
Questioni cartesiane III costituisce il più recente lavoro di Marion su Descartes. Il volume colleziona diversi articoli e saggi dell’autore, pubblicati negli ultimi anni, dedicati all’analisi del pensiero cartesiano. L’obiettivo di Questioni cartesiane III, ovvero il fil rouge che unisce i suoi diversi capitoli, consiste nel tentativo di ripensare il ruolo di Descartes all’interno della storia della filosofia e della metafisica moderne, al di là degli stereotipi che il cartesianesimo ha prodotto e sovrapposto all’autentica filosofia cartesiana. All’interno del testo, Marion compie allora un esercizio storicamente decostruttivo, leggendo Descartes attraverso le interpretazioni e le critiche che hanno accompagnato la ricezione della sua filosofia. Così facendo, l’autore lascia emergere in maniera paradigmatica l’ambivalenza che contraddistingue la figura di Descartes, il quale rappresenta il punto di costituzione e destrutturazione della metafisica della modernità, di cui abita la soglia.
Il volume si propone di contribuire alla determinazione teorica e alla definizione delle differenti figure attraverso le quali il rapporto personale/impersonale è stato concepito, ripensato o profondamente sovvertito in alcuni momenti fondamentali del pensiero filosofico moderno e contemporaneo. Le grandi sintesi speculative, i percorsi critico trascendentali e le specifiche messe a punto etiche ed epistemologiche che hanno caratterizzato questo tragitto possono rivelarsi infatti quali fasi di un discorso trans generazionale che ha traghettato la condizione antropologica verso una consapevolezza sempre più acuta della propria finitudine, giudicata ora come un principio irrinunciabile, ora come una situazione da oltrepassare, teoricamente e/o praticamente. A partire dalla declinazione del problema offerta nella filosofia classica tedesca e tenendo conto della centralità logico-ontologica della categoria di differenza, si tratta insomma di comprendere se e come l'individuale e il personale - vale a dire, ciò che è stata anche battezzata come «l'eccezione umana» - siano ancora oggi termini di riferimento chiave nella riflessione morale, teoretica e politica.
All’indomani della guerra, nel novembre del ’45, Robert Antelme, che era stato appena liberato da Dachau e aveva appreso della morta della sorella deportata, scrive un lungo articolo circa la sorte da riservare ai criminali tedeschi. Di fronte alle violenze che sono loro inflitte, dichiara l’esigenza assoluta del diritto contro l’istinto di vendetta. Lungi dall’essere un semplice testo di circostanza, Vendetta? rappresenta una riflessione di fondo sulla questione del diritto e della sua origine. Antelme ingiunge ai suoi concittadini di rinunciare a qualsiasi vendetta: anche se un uomo è legittimamente privato della sua libertà, deve conservare la sua dignità. Ogni attentato al rispetto della persona umana (foss’anche colpevole) costituisce un atto di barbarie.
«Per una parte essenziale, la fenomenologia assume, nel nostro secolo, il ruolo stesso della filosofia». Il modo di procedere dell’autore consiste innanzitutto nel descrivere il fenomeno ridotto alla donazione, successivamente nel ridefinire il dono, contro la sua interpretazione economica, a partire dalla pura donazione, poi nel determinare i caratteri del fenomeno come un rigoroso dato e, infine, nel distinguere i gradi di donazione del dato. Dato che costituisce l’elemento centrale di un trittico iniziato con Riduzione e donazione. Ricerche su Husserl, Heidegger e la fenomenologia e completato da In sovrappiù. Studi sui fenomeni saturi nel quale Jean-Luc Marion elabora in modo sistematico la sua proposta di una Fenomenologia della donazione.
Prendere finalmente sul serio il tempo! Questo il principale impegno di Schelling a partire dal 1809 e dalle Ricerche sull’essenza della libertà umana; compito che avrebbero ripreso e fatto loro Ravaisson, Rosenzweig, Heidegger, Scholem e Levinas. La singolarità di Schelling è duplice: non solo ha tentato di esplorare la profondità dello spazio, ma anche «la profondità del tempo», quella evocata da Baudelaire ne Il poema dell’hashish, e si è spinto oltre, verso il «passato che riposa sotto la cenere», fino alla «notte dei tempi», immemoriale o «impossibile». Si trattava di aprire il pensiero classico a una storicità radicale alla quale può rispondere solo il racconto, inteso come mitologia e come rivelazione, il cui teatro si gioca sulla scena della coscienza, interrogando sia la diacronia che decide del suo essere-fuori-di-sé (estasi), sia gli strati incoscienti sempre pronti a rilanciare gli oscuri movimenti delle profondità.
Nell’anno in cui ricorre il cinquecentesimo anniversario delle 95 tesi di Wittenberg è parso opportuno riproporre in alcuni suoi aspetti fondamentali il pensiero di una delle più significative personalità della cultura cristiana ed europea del Novecento, qual è Ernst Troeltsch. Le sue ricerche, sollecitate, alla svolta dall’Ottocento al Novecento, dall’avvertimento di una profonda crisi della teologia, si sono sviluppate in una molteplicità di ambiti disciplinari (teologia, filosofia della religione, etica, sociologia della religione, politica, filosofia della storia) concentrandosi, però, su due linee principali: la relazione tra Cristianesimo e storia, tra Cristianesimo e moder...