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Volume 2 of Theaters and Public Sphere in a Global and Digital Society presents several qualitative and quantitative researches on the social roles of the theatre and performance, as organized institutions or social groups, in contemporary society.
Questo volume raccoglie saggi sul teatro, la poesia e l’impegno civile di Giuseppe Fava, scrittore e drammaturgo, nato a Palazzolo Acreide nel 1925 e morto a Catania nel 1984, freddato da due sicari della mafia all’uscita del Teatro Stabile. La sua è una drammaturgia delle contaminazioni dei generi e delle forme, e soprattutto delle pratiche di recitazione. Protagonista di un’intensa e costante collaborazione con l’attore Turi Ferro, sperimentò temi, contesti e una prassi scenica che si intersecano anche con la cultura e la storia nazionale. Fava concepì il suo impegno artistico e letterario come esercizio di un potere investigativo e inquisitorio che si fonda sulla scelta esisten...
Il volume è al tempo stesso una visione riflessiva e una riflessione visiva sulla condizione umana attuale, la cui novità si rivela un “già-da-sempre-stato” che continuamente inizia e si rinnova nello spazio mobile della relazionalità generativa e inventiva, restituita dal postumano e da Michel Serres nella sua feconda “toti-potenzialità”. In questo “corno di abbondanza” il corpo torna eco-logico, il virus e il parassita sono risorse, il preesistere e il passare oltre fanno corpo unico, cercando la loro dicibilità in un neologismo incoativo composto, come postransominescenti.
Il debito che Gilles Deleuze ha maturato nei confronti di Kant è probabilmente ben più significativo di quanto lo stesso Deleuze non ammetta, tanto che è forse possibile reinterpretare la filosofia dell’autore di Differenza e ripetizione come una peculiare riedizione del kantismo. In particolare, le quattro lezioni del pensatore francese qui presentate sono incentrate sul concetto di tempo, in un serrato confronto tra il Kant della Critica della ragion pura e quello della Critica del giudizio, ma anche con la dottrina di Cartesio, con le concezioni filosofiche di Hölderlin e di altre grandi figure della tradizione filosofico-letteraria.
Non si tratta di un libro sulla pandemia ma di una proposta analitica della realtà allo scopo di interrompere il fluire di un discorso assolutizzato. L’alternativa a un discorso non egemonico e declinato al maschile si cela dietro la possibilità di smascherare le scelte retoriche, politiche, culturali attuate in ragione di un sistema di genere che ribadisce nella contingenza dell’emergenza sanitaria la sua ineluttabilità. La guerra è una possibilità, non l’unica via possibile e tantomeno non necessariamente la più appropriata. Ciò che l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha posto definitivamente in evidenza è l’affermazione oppositiva di guerra e cura, di warfare e welfare a giustificazione dell’esistente, del regime di genere e potere. Un intreccio tanto sinergico quanto riproducibile nella misura in cui si pone come immune da qualsiasi confronto dialettico. L’analisi a monte e a valle di tale struttura sociale e di potere è al centro dei contributi presenti in questo volume.
Antropocene è un’epoca geologica nella quale la specie umana è la causa del collasso della biosfera. Siamo condannati all’estinzione? I governi hanno rimandato per decenni le decisioni per contenere gli effetti dell’inquinamento. La rivolta dei giovani li ha costretti ad agire. La passività della politica non si spiega solo con la cattiva volontà. I soggetti della politica non sono più gli stati e le classi. Nel secolo XXI, il nuovo soggetto politico è l’umanità. Le molteplici culture del pianeta devono dialogare per definire un comune umanesimo e la politica deve creare una governance mondiale delle sfide globali. Non è un’utopia irrealizzabile. L’integrazione dei popoli nazionali dell’Unione Europea mostra che una cittadinanza sovranazionale è possibile e che l’indipendenza nazionale è compatibile con l’interdipendenza pacifica internazionale. Il libro critica il sistema di Vestfalia delle relazioni internazionali e propone l’alternativa di una cittadinanza cosmopolitica.
In tutte le guerre gli orpelli, prima o poi, hanno dovuto lasciare il campo alla bestialità. Ogni parte in causa, a prescindere dal conflitto, ha saccheggiato René Quinton di proposito o senza volerlo, appellandosi ai suoi principi e nel contempo violandoli o negandoli agli altri. Combattente pluridecorato nella Prima guerra mondiale, dalla vita nella trincea Quinton ha tratto ispirazione per le sue Massime sulla guerra, autentico capolavoro dalla drammatica attualità e punto di partenza per un’acuta analisi sulla guerra in Ucraina a opera di Fabio Mini. Tra le voci dei generali, che nei momenti di conflitto conoscono bene come pesare le parole, quelle di Mini – già alto ufficiale de...
L’autrice racconta, in questo intenso volume, una delle esperienze più perturbanti della sua vita professionale: l’incontro con i bambini congolesi accusati di essere stregoni. Ritenuti dalle loro famiglie i responsabili di tutte le disgrazie che accadono nella comunità, i bambini vengono condotti nelle chiese del risveglio, dove sono sottoposti alle cosiddette “pratiche di liberazione”. Ma spesso anche queste pratiche, vere e proprie torture, non convincono la famiglia che il bambino sia ormai libero dalla stregoneria, abbandonandolo al destino di una vita per strada. La ricerca qui condotta verte sulla vita emotiva dei bambini ospitati del centro di prima accoglienza di Matete (Kinshasa), gestito dai frati guannelliani, ed è un tentativo di ricostruire ed entrare in contatto con le tragiche storie di questi bambini, con le loro angosce, le loro paure, le loro speranze.
Questo volume intende proporre una riflessione volta a delimitare un campo d’interazione interdisciplinare tra linguistica e architettura, presentandosi come un’occasione e un modello di studio per provare a rispondere ad alcune domande: è lecito considerare la lingua dell’architettura un linguaggio specialistico – al pari delle scienze dure, della medicina, del diritto – o un linguaggio settoriale – come quello impiegato nelle scienze politiche, sociali ed economiche? Tracciare l’evoluzione della storia della lingua dell’architettura può incrementare la consapevolezza del sapere architettonico? Quali tipologie testuali ne segnano lo sviluppo e l’affermarsi? Che corpus testuale si presta maggiormente a essere analizzato dal punto di vista linguistico? Quali specificità denotano lo stile di scrittura degli architetti nel tempo? In che modo la scrittura affianca il disegno nel processo progettuale?
Nel 2008 usciva I tempi e i luoghi del cambiamento. Lo sviluppo locale nel Mezzogiorno d’Italia, ultima monografia di Alberto Tulumello. Mentre esplodeva la crisi finanziaria, poi divenuta economica, Tulumello portava a sistema un lungo lavoro sulle dinamiche politiche ed economiche del meridione italiano. La conclusione di quel ciclo era allo stesso tempo l’inizio di un percorso intellettuale che iniziava ad aprire a un campo di riflessione geograficamente, ma anche politicamente, più ampio: quello delle dinamiche di “cambiamento” nelle relazioni tra luoghi e scale molteplici. Un percorso interrotto nel 2012 dalla prematura scomparsa dello studioso. Dieci anni dopo questa raccolta di saggi torna a problematizzare e a riflettere su “cambiamento” e “sviluppo”, articolando tre scale geografiche: il Mezzogiorno d’Italia, il Sud d’Europa e il Mediterraneo. E lo fa mettendo in dialogo il lavoro di Tulumello con contributi provenienti da svariate discipline: dalla sociologia economica alla politologia e alla demografia, fino alla geografia umana e all’antropologia.