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Nowadays, emancipation evokes scenarios of an acquired freedom, and is closely linked to autonomy. Emancipation as liberation and freedom imposes a reflection on the conditions in which we live, as well as a question concerning what people can free themselves from and what is not possible to liberate oneself from. This collection investigates the possibility of relating to emancipation through the eyes of the ethicist. What does emancipation mean in the contemporary moral and political landscape? How is emancipation possible, and from and towards what can humankind aspire to emancipate? Which are the unattended promises of emancipation? Where, when, and to whom can one speak of emancipation? Assuming a clear ethical and moral standpoint, the contributions collected here reply to such questions, firstly by re-semantising this word and then by re-placing it within different philosophical traditions.
La metafisica della trascendenza Onniabbracciante (Umgreifende) di Karl Jaspers può promuovere oggi uno sviluppo della filosofia capace di ispirare la coscienza collettiva. L’idea di una futura maturazione delle forze della creatività spirituale ed etica è, per il filosofo tedesco, molto più che un auspicio o una suggestione; essa piuttosto prende forma dalla memoria delle svolte realmente registratesi nel cammino storico dell’umanità. Nel tempo attuale ciò si può tradurre in un nuovo orientamento collettivo dell’umanità, tale da ispirare una transizione ecologica integrale che sia una trasformazione epocale e liberatrice. Una maturazione simile implica di ridefinire le coordinate della visione dell’umanità, della natura, della storia, della vita e della sua origine. Tale concezione deve trovare formulazione in una coscienza metafisica interculturale, emergente nella convergenza tra le intuizioni di fondo delle diverse tradizioni del mondo. Si delinea così una metafisica del bene comune, capace di motivare un’etica concreta e condivisa.
«Il tema» del numero 5 del 2019 di B@belonline, curato da Attilio Bruzzone, Guelfo Carbone e Elisabetta Colagrossi, raccoglie gran parte degli interventi di un convegno internazionale tenutosi tra Roma e Genova nel 2018 per celebrare il centenario della pubblicazione della prima edizione del Geist der Utopie. Abbiamo qui voluto restituire il dialogo a distanza tra queste due occasioni, generate dal comune intento di tornare a confrontarsi, sempre di nuovo, con quest’opera “esplosiva” del giovane Bloch, uno dei capolavori del pensiero politico utopico del secolo scorso. Dedichiamo questo numero a Remo Bodei, eccellente studioso del pensiero di Ernst Bloch (tra tanti altri temi), che ci ha lasciati in questo mese di novembre
Cos'è il male? Come opera? Si può arrivare a sconfiggerlo? Il secolo scorso ha fatto emergere forme sistematiche e globali di dominio, di menzogna, di violenza, tanto da diffondere la credenza che esso sia invincibile. Eppure è possibile pensare a un cammino di liberazione per uscire sia dalla rassegnazione sia dalla complicità. L'opera propone un percorso a partire dalle teorie critiche della società e della condizione umana che, nel corso del Novecento, hanno lavorato a un'analisi organica del male storicamente prodotto: dalla Scuola di Francoforte a Freud, da René Girard a Michel Foucault, da Hannah Arendt a Martin Buber. L'originalità del testo è nella ricerca di un dialogo tra prospettive diverse in vista di una visione integrata e, comunque, aperta, che invece di cedere alla tentazione di arrivare a un'unica teoria definitiva rimanda piuttosto alla responsabilità personale come chiave della risposta al male. Emerge l'umanità, nella sua forza e nella sua fragilità, capace di trovare nuove strade per non lasciare al male l'ultima parola: lucidità del pensiero, intelligenza della speranza, coraggio di agire con la creatività della nonviolenza.
In una riflessione intorno alle pratiche di cura non può mancare un’attenzione alla dinamica temporale, che trasforma un incrocio di volti e biografie ferite in una storia comune; una trasformazione sulla quale pesano sia la scarsità di tempo – oggettiva o pretestuosa –, sia l’esperienza del suo esaurirsi finale, nell’imminenza della morte. Il libro nasce da una ricerca condivisa, in un confronto di competenze filosofiche, mediche e bioetiche, frutto di collaborazioni non occasionali, dando vita a una riflessione organica dagli esiti particolarmente interessanti e originali. Nella prima parte (“Tempi della vita e della malattia”) il dolore, il trauma e la compagnia della cura disegnano fondamentali scenari antropologici e fenomenologici, mentre la seconda parte (“Nel tempo della fine”) si sporge sul mistero della morte, tra accompagnamento e speranza.
This book explores forgiveness as a philosophical matter. Responding to the curious omission of forgiveness in much of Western philosophy, it examines common themes and divergences on forgiveness in the works of Augustine, Kierkegaard, and Arendt. These writers understood forgiveness as a paradox—it must be contained to be given (Augustine), granted-yet-not-granted (Kierkegaard), and forgotten the moment it is given, as if never given at all (Arendt). Drawing on these insights, can forgiveness be then thought of as a hidden existential capacity and not as a magnanimous display of mercy? Can we imagine forgiveness as undoing the transgression we see, and secretly engaging with the imperceptible impossibility of undoing what has indeed been done?
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Nell’era della tecno-scienza è diffuso il disagio di “sopravvivere” in un mondo in cui prevalgono i mezzi sui fini, in cui la gabbia dell’impersonale e dell’artificiale costringe l’essere umano entro gli spazi angusti del solo avere, apparire e funzionare. Occorre ripartire dalla persona come principio di massima sintesi per leggere, valutare e trasformare il reale. La necessità di una sua riscoperta diventa imprescindibile per un pensiero che voglia individuare una risposta soddisfacente alle questioni di fondo che la situazione attuale solleva. Il volume presenta l’idea di persona che più di sessanta filosofi, recentemente riunitisi in Persona al centro - Associazione per la filosofia della persona, hanno concepito nel corso di una vita fatta non solo di ricerca, ma anche di incontri, amicizie, progetti. Gli autori si sono messi in gioco comunicando come abbiano maturato il loro interesse per la persona, quale visione ne propongano e come realizzarne una valorizzazione nella congiuntura storica attuale.
Se il razzismo italiano e occidentale, camuffato da patriottismo, si è normalizzato con questa facilità nel linguaggio politico («l’Italia agli italiani!»), è perché come società, da sempre, siamo immersi in un razzismo dilettante – quasi inconsapevole, che non scegliamo ma pigramente reiteriamo. Filomeno Lopes è giornalista di Radio Vaticana e attivista, originario della Guinea-Bissau e naturalizzato italiano. Nella forma di un’appassionata lettera ai giovani, senza ipocrisie né risentimenti, ha percorso la pesante eredità storico-culturale europea: dalla schiavitù al colonialismo, dal Codice Nero di Luigi XIV al genocidio degli Herero compiuto dalla Germania di Bismark. Tr...