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La Cripta dei Cappuccini, libro autobiografico, dallo stile limpido e conciso, scritto da Joseph Roth un anno prima della sua morte, sembra chiudere il cerchio della sua esistenza. I complessi rapporti con la madre e con le donne e l’assenza della figura paterna sono i temi dominanti di questo racconto. L’aristocratico Francesco Ferdinando Trotta, protagonista della storia, si ritrova all’improvviso in balìa dei cambiamenti, frastornato dal nuovo che incalza, con lo sguardo rivolto a un passato ormai sepolto e a un presente raccapricciante.
A che cosa serve la filosofia? Qual è il legame che il mondo delle idee intrattiene con il mondo della vita? E come si impara a filosofare? Poco più che trentenne, all’inizio del suo insegnamento a Jena, Hegel riflette sull’origine e sulla funzione dell’attività filosofica, in attesa di portare a termine la sua prima grande fatica intellettuale, la Fenomenologia dello Spirito (1807). Questo volume raccoglie alcuni scritti del giovane Hegel che risalgono agli anni tra il 1801 e il 1804. Si tratta di brevi saggi e frammenti che indagano il rapporto tra critica e sistema, la relazione tra pensiero filosofico e senso comune e i risvolti pratici della teoria. Sono questi i temi che il grande pensatore tedesco approfondisce per far fronte a quel “bisogno di filosofia”, istanza fondamentale della vita degli uomini, da cui ogni autentica conoscenza dovrebbe prendere le mosse. NUOVA EDIZIONE
Il libro intreccia una riflessione filosofica intorno al tema della distruzione nel Dopoguerra tedesco, a partire dall’opera poetica di Paul Celan e privilegiando il tema naturalistico presente nelle sue composizioni. Il saggio lascia emergere come quest’ultimo non si sviluppi casualmente, ma secondo una scelta accurata di naturalisti, e delle loro opere, interessati a un rapporto corpi/ ambiente che oggi chiameremmo simbiotico o sympoiesis (dipendenza tra tanti). Attraverso questa lente si interroga tanto la teodicea, quanto l’epistemologia della storia naturale (anzi, delle storie naturali), configurate attraverso usi letterari alternativi (la storia naturale di W.G. Sebald, per esempio), che danno invece corpo a un modello di narrazione oggettivo, documentario. Mettendo a confronto il modello oggettivista con quello poetico-esperienziale, il saggio dischiude una prospettiva ecologica ed etica sulla narrazione del trauma. Pur restando rigoroso nel metodo storico, non si rivolge a un pubblico di specialisti, ma a chi vuole affrontare il problema filosofico del male in senso laico.
La teoria dei sentimenti morali di Adam Smith è un testo capitale per la storia della cultura. In quest’opera Smith non si limita a discutere alcune delle teorie più importanti dell’età moderna come quelle sull’immaginazione o sulla simpatia, già discusse da David Hume nel suo Trattato sulla natura umana. Egli elabora una concezione della morale inedita nel panorama filosofico, dove la relazione tra origine del giudizio morale, sviluppo del sé e condotta sociale diviene centrale per comprendere sia i termini in cui si concepiva il soggetto umano all’inizio della modernità, sia i termini del problema della relazione tra pensiero morale e teoria economico-politica della società. Il presente volume offre una nuova edizione del testo corredata da una traduzione condotta sull’edizione critica della Glasgow Edition, da un apparato critico di note, da una bibliografia aggiornata e da una nuova introduzione ragionata.
Forse a causa della familiarità che si ha con l’esperienza di viaggiare, il viaggio è rimasto un parziale “impensato” nella storia della filosofia. Facendo dialogare filosofia, letteratura, sociologia e antropologia, il volume affronta il viaggio nella sua duplice accezione di concetto ed esperienza, tentando, da un lato, di esplorarlo in quanto costante culturale e, dall’altro, di descriverne le molteplici manifestazioni, con attenzione particolare alla contemporaneità, in cui le pratiche del turismo massificato, del turismo virtuale, della flânerie e dell’urbex hanno crescente rilevanza. Ma viaggiare ha anche una dimensione anacronistica, perché mette in rapporto con il desiderio, che è senza tempo. Il desiderio segue sempre un moto altrove: è ondivago, irrequieto, vagabondo, spinge a partire e cambiare incessantemente, è desiderio di essere altro, di essere altrove. Questo libro si pone allora come una riflessione sul rapporto che abbiamo con desiderio e identità attraverso il viaggio, che è capace di trasformare entrambe.
“Mauro Ceruti è uno dei rari pensatori del nostro tempo ad avere compreso e raccolto la sfida che ci pone la complessità dei nostri esseri e del nostro mondo. [...] Tutta la sua opera è animata dalla preoccupazione di comprendere la complessità umana, cosa che richiede non di isolare l’umano, ma di situarlo nei suoi contesti cosmici, fisici, biologici, sociali, culturali e ormai anche nella comunità di destino planetaria. La sua opera ha stimolato un ampio dibattito internazionale. E il presente volume è testimonianza di questa sua originale influenza in molteplici campi disciplinari.” Dall’Apertura di Edgar Morin
Rielaborando riferimenti che provengono da una lunga tradizione filosofica e teologica, Giordano Bruno reinterpreta la nozione di fides assegnandole un ruolo di primo piano nel proprio pensiero. Nelle accezioni di fiducia, affidabilità, credenza e fede, la fides bruniana risulta costitutiva tanto delle pratiche conoscitive quanto del vivere civile. Riflettendo su questo concetto Bruno arriva a maturare posizioni originali su temi di rilievo nel pensiero del Rinascimento e della prima Età moderna: la messa a punto di regole per condurre in modo veridico l’esperienza e l’indagine scientifica; l’elaborazione di strategie efficaci in materia di educazione; l’analisi dei criteri secondo cui accordare o negare autorità in contesti politici; la promozione di pratiche di inclusione culturale e religiosa.
I sintomi, in cui si esprime il disagio di chi si rivolge alla psicoterapia, hanno un loro significato e quindi hanno bisogno di essere interpretati, o sono semplicemente qualcosa di cui ci si deve liberare? Il lavoro dello psicoterapeuta si fonda sulla prima di queste ipotesi. A parere dell’autore, la comprensione del sintomo – e quindi anche la possibilità di abbandonarlo – passa attraverso la sua traduzione in un altro linguaggio, quello del simbolo. Quest’affermazione si fonda sulle testimonianze della pratica clinica e anche sul confronto con un messaggio singolare, nonché affascinante, che ciascuno di noi conosce per esperienza, quello del sogno. Freud ha visto nel sogno la “via regia” per accedere all’inconscio. Senza seguire alla lettera le sue analisi, legate naturalmente all’insieme della sua costruzione teorica, possiamo fare riferimento a lui come a un grande maestro dell’interpretazione e avventurarci nella ricerca di ciò che i sogni ci vogliono dire.