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Conservata in un reliquiario di legno rivestito da una lamina di argento (alto 62 centimetri e largo 24 centimetri), ma non esposta alla venerazione dei fedeli, è la preziosa ampolla (di 8 centimetri) che contiene il sangue color rubino del santo gesuita Francesco de Geronimo (1642-1716), patrono principale di Grottaglie ed apostolo di Napoli.Il sangue in questione fu raccolto nell'immediatezza della morte (11 maggio 1716): i suoi confratelli praticarono un taglio ad un callo del piede destro del taumaturgo e da qui fuoriuscì sangue per undici ore consecutive. Questa insigne reliquia non solo ci avvicina alla corporeità e alla "fisicità" del santo, ma ce lo fa sentire ancora "vivo". Possedere il sangue del padre Francesco de Geronimo, canonizzato dal papa Gregorio XVI il 26 maggio del 1839, significa poter godere ancora della sua "praesentia" e della sua "potentia".
Francesco Occhibianco è un appassionato studioso del santo missionario gesuita Francesco de Geronimo, nato a Grottaglie il 17 dicembre del 1642 e morto a Napoli l'11 maggio del 1716. In questo libro, partendo da quello che può essere considerato il più antico dipinto ad olio che ritrae il taumaturgo (si tratta di un quadro proveniente da Avellino), l'Autore ricostruisce in maniera completa e capillare l'intera iconografia degeronimiana. Il padre Francesco de Geronimo, come scrissero i suoi primi biografi, Carlo Stradiotti, Simone Bagnati e Carlo De Bonis, aveva una fronte alta e spaziosa, un naso aquilino, un collo sottile. Gli occhi erano vivaci e penetranti. La sua voce, che all'inizio del suo apostolato sembrava non poter reggere la fatica di tante prediche, veniva ascoltata anche ad una certa distanza. La carnagione del santo era bruna, i capelli neri, ma radi. Nell'ultimo periodo della sua vita, la mancanza di denti conferiva al suo volto un aspetto di grazia e non difetto.
Le prediche del padre Francesco de Geronimo, missionario della Compagnia di Gesù (1642-1716) suscitano ancora oggi un certo fascino, nonostante siano trascorsi ormai più di tre secoli. In questo volume l'autore propone l'intervento del santo su tre tematiche di particolare interesse, la pazienza, il tempo e la penitenza. La narrazione è coinvolgente, il linguaggio è sobrio, ma efficace. Anche in questi sermoni, frutto di studio e preghiera, il taumaturgo ricorre ai topoi dell'omiletica e ad alcune figure retoriche quali le anafore, le frasi interrogative, le similitudini. Spesso utilizza, anche, la sticomitia. Abbondano le citazioni bibliche e non mancano riferimenti ai Padri della Chiesa e ad autori della classicità, come Seneca. Francesco Occhibianco, appassionato studioso (e devoto) del de Geronimo, ha recentemente pubblicato per Lulu.com tutta una serie di volumi per ricordare questo grande apostolo di Napoli.
Il 1 luglio del 1671, al termine del primo anno di Noviziato, scorgendolo maturo nelle virtù e ben provvisto di zelo i superiori affidarono a san Francesco de Geronimo (1642-1716), originario di Grottaglie, la missione in terra d'Otranto, "per essere sempre in moto...per quelle città, terre e castella". Si trattava di un incarico particolarmente impegnativo, finalizzato a soccorrere con animo e fatiche apostoliche i casali di quel vasto paese.Al suo fianco ci fu il gesuita napoletano ed oratore sacro Agnello Bruno. Ai leccesi il de Geronimo e il Bruno sembrarono una coppia di Angeli. A Lecce, sulla tomba dell'allora Venerabile Bernardino Realino S.I. (1530-1616) il santo pronunciò il 2 luglio del 1672 i voti di povertà, castità ed obbedienza. Nell'Archivio storico napoletano della Compagnia di Gesù si conservano gli autografi delle prediche fatte a Lecce, mentre imperversava la carestia.Il de Geronimo morì a Napoli l'11 maggio del 1716. Fu canonizzato dal papa Gregorio XVI il 26 maggio del 1839.
San Francesco de Geronimo (1642-1716) e la Madonna: un legame profondo e viscerale; un amore filiale straordinario ed ineffabile. Il taumaturgo gesuita fu l'autore del canto mariano "Dio ti salvi, Regina", che divenne l'inno nazionale della Corsica. Il santo missionario del Regno di Napoli affermò che un cristiano difficilmente si potrebbe salvare se non è stato un vero devoto della Madonna, che è la chiave d'oro del Paradiso. Per ventidue anni, ogni martedì, tenne un ciclo di prediche nella chiesa di "Santa Maria di Costantinopoli", alla quale i napoletani erano particolarmente devoti, in quanto protettrice della città durante le calamità naturali. Prima di uscire dal "Gesù Nuovo" per andare a predicare nei pressi del Maschio Angioino e nei Quartieri spagnoli rivolgeva uno sguardo alla Madonna. Nelle carceri, negli ospedali e nelle galere distribuiva delle medagliette che aveva fatto realizzare e che riproducevano l'effigie della "Mater Divinae Gratiae".
Il padre Francesco de Geronimo (1642-1716), santo della Compagnia di Gesù e missionario nel Regno di Napoli, si soffermò spesso, nelle sue prediche, sulle straordinarie sofferenze di Gesù, dalla flagellazione alla crocifissione sul Golgota. Egli rievocò con grande commozione ed intensità questi momenti drammatici della vita del Redentore. Ogni volta che leggeva il Passio non riusciva a trattenere le lacrime. I fedeli che assistevano alla messa lo vedevano singhiozzare e provavano una profonda ammirazione. Bisognerebbe meditare la Passione di Cristo almeno un quarto d'ora al giorno, rimarcò il santo nei suoi sermoni. Giuda Iscariota tradì Gesù per un piccolo interesse e con un bacio "precipitò nel più profondo abisso delle miserie". Anche noi, purtroppo, "vendiamo" Cristo e lo crocifiggiamo tutte le volte che commettiamo un peccato mortale. I beni mondani sono "tele di ragno"; per questo motivo bisogna considerarli come "fumus" e vivere con onestà, praticando le sante virtù.
In questo volume viene riproposto ai lettori il breve saggio sugli Scritti del santo contenuto negli "Atti del Terzo Centenario della morte". Inoltre vengono esaminati i testi dati alle stampe in occasione di questo felice anniversario. Nella seconda parte è presentata una galleria storica di tutte le principali pubblicazioni sul grande taumaturgo della Compagnia di Gesù, a partire dalle prime agiografie scritte da Carlo Stradiotti, Simone Bagnati, Carlo De Bonis e Longaro Degli Oddi, fino ad arrivare alle opere di Julien Bach, di Francesco Maria D'Aria e di Francesco Occhibianco.
Nelle sue celebri ed appassionate prediche il padre Francesco de Geronimo (1642-1716) cit� spesso gli animali, presi ad esempio di virt� e di vizi, a seconda dell'argomento trattato. Il bestiario degeronimiano include orsi, leoni, tigri, serpenti, aquile, mosche, balene, lupi, cigni, cani, cavalli, aspidi, scimmie, lepri, asini. Il santo missionario della Compagnia di Ges� si definiva un ciuccio, pronto a ragliare per le strade di Napoli (in particolare davanti al Maschio Angioino e nei famigerati Quartieri Spagnoli) sotto la sferza di un sole cocente, pur di convertire i peccatori e di farli "tornare a Cristo". Alcuni miracoli del taumaturgo videro la presenza degli animali, veri e propri protagonisti della scena; tra questi prodigi il pi� celebre fu quello dei buoi che, nonostante le ripetute e sonore bastonate del contadino, si inginocchiarono davanti al Crocifisso della Missione, fino al termine del suo sermone.
Il Saverio fu, per san Francesco de Geronimo, il modello perfetto del missionario, disposto persino a perdere la vita per la diffusione della Fede. Fin dai primi respiri del Noviziato il taumaturgo di Napoli volle emulare il grande apostolo delle Indie e del Giappone. In quattro lettere indìpete indirizzate al Generale Gian Paolo Oliva il padre Francesco chiese, "con le ginocchia piegate", di poter andare "Otras Indias", al fine di "consumare la vita tra barbari e idolatri o tra carceri e scimitarre", per la maggior gloria di Dio. Il Preposito della Compagnia di Gesù gli rispose: "Le tue Indie saranno Napoli". Così dal 1676 al 1716, anno della sua morte, il padre Francesco fu, per la città del Vesuvio, "un secondo Saverio", umile e caritatevole, sempre pronto a soccorrere i poveri e i carcerati, a redimere le meretrici, a convertire i turchi delle galere.In un ciclo di dieci prediche, proposte nella loro versione integrale, il de Geronimo manifestò tutta la sua ammirazione per il Saverio.
Il volume raccoglie le prediche più belle sul Natale scritte da san Francesco de Geronimo (1642-1716), il grande missionario apostolo di Napoli, canonizzato nel 1839. Il gesuita ci prende per mano e ci permette di rivivere la Natività con quello stupore e quella meraviglia che ebbero i pastori e i Magi davanti alla grotta di Betlemme: l'ineffabile mistero dell'Incarnazione ci dà l'opportunità di amare ancora di più Dio che si è fatto uomo per salvare l'umanità dalla moltitudine dei suoi peccati e per premiare i veri valori della vita, la semplicità, l'umiltà e la sofferenza. In copertina una Natività (1717) del noto pittore cilentano Paolo de Matteis (1662-1728), che fu amico del santo taumaturgo.