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• Paolo Febbraro Breve riapparizione di Diogene • contro le categorie Walter Siti L’identità di genere e gli animali dell’imperatore • Matteo Marchesini Le due facce del consenso. Pedofilia e letteratura • Giorgio Manacorda Letteratura? Una lezione • insofferenze Alfonso Berardinelli Categorie umane. Wright Mills e l’immaginazione sociologica • interventi Paolo Febbraro L’Italia senza Storia • Walter Nardon Un’altra stagione complicata • l’ospite Claudio Petruccioli Paolo Volponi in trattoria. Capitale o capitalismo? • humanities Matteo Marchesini Ripasso •
• Matteo Marchesini La realtà muta • l’ispirazione Giorgio Manacorda Grafite o dell’ispirazione • Marion Poschmann La luce dell’asfalto • Umberto Fiori L’ispirazione e il suo contrario • Edoardo Zuccato Una brezza corrispondente • Paolo Febbraro Stasera mi butto • insofferenze Walter Siti Lettera • Alfonso Berardinelli Niente da dire • Paolo Febbraro La rimonta • Giorgio Manacorda L’ispirazione, il presente e la storia • zibaldino Matteo Marchesini Il castello di Atlante • Giacomo Pontremoli Sopravvivere • humanities Matteo Marchesini Cosa si fa per cena? •
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"La critica militante è l'attività laica per eccellenza. Eppure, esattamente come dio, il critico militante può essere un padre o un boia. E, come dio, non ha mezze misure. Le mezze misure sono dei politici della letteratura, di coloro per i quali la critica militante è uno strumento per raggiungere altri fini, generalmente la carriera o addirittura il successo. Le mezze misure sono dei "sagrestani della letteratura", come diceva Cesare Cases nel 1960. Nel momento in cui legge, e scrive su ciò che ha letto, il critico militante è solo di fronte al mondo, e deve decidere se ciò che sta leggendo vale la pena di essere letto anche da altri o se, invece, può essere dimenticato. Il critico militante non ha chiesa, ma senza di lui non ci sono chiese. Egli infatti è il primo che, rischiando in proprio, tenta di dire una verità. E, si sa, le chiese si basano su verità condivise".
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