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Le but de cette étude n'est point d'élaborer un traité systématique de la Philosophie du Retour, mais de montrer, à travers les oeuvres de certains chercheurs africains, comment elle émerge et se constitue comme une topique, une épistémologie, dignes d'intérêt. L'ensemble des oeuvres sur lesquelles nous nous sommes penché forment une sorte de "Mosaïque du Retour" qui laisse voir des traits variés d'une Pensée des genèses orientée vers un projet de refondation : la Renaissance Africaine. Les thématiques abordées se rapportent à la quasi-totalité des champs philosophiques ; la théorie de la connaissance, l'ontologie, la cosmologie, l'anthropologie, la logique, l'éthique, ...
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Ce roman narre l'aventure d'un jeune Yoruba à travers divers rencontres et événements singuliers. Découvrant en lui une bonne « terre d'accueil du savoir », Bábà l'initiera aux arcanes du patrimoine sapiental d'Ilè, tout en pesant de son autorité pour que le jeune homme aille à l'école. Tout au long de son parcours sur les sentiers de la connaissance, Iwé fera preuve d'une grande sagacité, d'une riche culture intellectuelle et interrogera les maîtres modernes de la science pour comprendre cette notion de savoir et ses origines.
Dai tempi di Aristotele fino alla filosofia analitica contemporanea è stata discussa una serie di criteri atti a rendere conto di cosa siano i sensi e a tassonomizzarli. Nel corso del libro, l’autore articola a livello concettuale il criterio esperienziale-ontologico e il criterio sottrattivo, e studia come essi aiutino a inquadrare i casi empirici del dolore, delle percezioni artificialmente assistite, delle sinestesie, dell’olfatto e dei sensi animali.
Grazie alla crescente importanza delle teorie sociali e all’attenzione rivolta dalla cultura contemporanea agli studi sulla natura umana, gli scritti di Arnold Gehlen, filosofo e sociologo tedesco, vengono tradotti e commentati in varie lingue e in diversi ambiti culturali. Questo volume vuole offrire un contributo al ricco dibattito internazionale sul significato delle sue posizioni, specie con riferimento alle delicate domande concernenti la “disposizione” dell’uomo per la tecnica, il ruolo della morale e il valore delle istituzioni.
È indubbio che la danza sia un’arte vivente dei corpi. Questo dato di per sé evidente, tuttavia, non basta a conferirle lo statuto di un’attività che si esaurisce nella costituzione corporea. Considerando il processo di rottura con la tradizione che la svincola dall’etichetta di arte d’evasione e la inscrive nelle svolte più rilevanti del XX e del XXI secolo, è possibile sostenere che, a un livello più profondo, la danza non muove solo il corpo. Essa, potremmo dire, è un corpo che è più del corpo. È l’arte di farne intravedere la dimensione originaria, di muoverne il suo stesso essere: la chair. Attraverso l’originale elaborazione che di questa nozione dà Merleau-Ponty, il testo propone una filosofia della danza attraverso una “filosofia della chair”, allo scopo di ricollocare la danza nell’evoluzione stessa dell’arte e delle arti nella loro relazione col pensiero.