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Psychoanalytic Psychotherapy Between Identity and Change reconsiders psychoanalytic psychotherapy for contemporary contexts.This book stems from several years of study and research and aims to offer pragmatic and innovative working tools. The contributors approach psychoanalytic psychotherapy as its own practice with distinctive features and benefits to patients. Each chapter considers the history of the field as well as today’s social and cultural context, presenting innovative approaches based on each author’s clinical experience. A range of settings and applications, including online therapy, artistic expression, and psychotherapy with personality disorders, are explored. This book will be of interest to psychoanalytic psychotherapists and psychoanalysts in practice and in training.
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Quando Gianpaolo Donzelli – che al momento dell’estensione del libro era presidente della Fondazione dell’Ospedale Pediatrico Anna Meyer – mi chiese di scrivere un libro sulle molte attività ed esperienze che quotidianamente integrano il percorso di cura dei bambini e dei ragazzi ricoverati, l’impresa mi è sembrata ardua: tante le sollecitazioni, tante le elaborazioni teoriche messe a punto negli anni. Se nel panorama editoriale non mancano pubblicazioni che si occupano dei processi mentali di bambini e adolescenti posti drammaticamente di fronte all’ospedalizzazione, inedito ci è sembrato il tema relativo al ruolo dell’immaginazione. Ed è questo che abbiamo inteso approfon...
La panchina è un luogo di sosta, un'utopia realizzata. È l'ultimo simbolo di qualcosa che non si compra, di un modo gratuito di trascorrere il tempo e di mostrarsi in pubblico, di abitare la città e lo spazio. È il margine sopraelevato della realtà, il posto ideale per osservare quello che accade, la gente che si muove, che vive, l'autobus che passa, i piccioni, le nuvole sopra la testa. Per molti, che a stare seduti su una panchina provano imbarazzo, è l'immagine della provvisorietà, della precarietà, forse del declino. Stare in panchina, nel lessico attuale, è il contrario dello scendere in campo. Eppure una buona panchina fa sentire al riparo chi vi siede e fa apparire il suo ozio come un'attività di qualità superiore, da intenditore – un po' come quando al ristorante uno ordina un piatto molto semplice e il cuoco gli fa capire di considerarlo un buongustaio. Una panchina perfetta è come una piega del mondo, una zona franca, liberata o salvata, dove il semplice sedersi è già in sé una meditazione. Non è necessario che sia sullo Stelvio o sulla Promenade des Anglais o davanti allo skyline di Manhattan: è la panchina che definisce il centro dell'universo.
La letteratura, in quanto littera, testo scritto, sembra aver fatto di tutto per escludere la pratica dell’ascolto. Più esattamente: sembra averla relegata nello spazio della poesia, dei suoi particolarissimi suoni. Eppure, anche dove la visività domina, nella tradizione del romanzo realista e modernista, è possibile cogliere i segnali di un modo di ascoltare obliquo e trasposto. La pagina muta improvvisamente, si inflette, si soggettivizza, “mette le orecchie”. Questo libriccino riflette su simili paradossi, illustrandoli a partire da due istanze. In primo luogo, la pressione del silenzio: la capacità che la letteratura ha di dire un vuoto di suoni e la necessità, reciproca, di promuoverlo a un pieno di senso. E poi c’è l’universo del digitale che tutti ci assorbe, mettendoci in contatto con voci che sempre più spesso creano corpi, sullo sfondo di un brusio mai come oggi confuso e confusivo. Forse, dovremmo imparare ad ascoltare con i silenzi giusti (a pausare e a far correttamente ri-suonare) l’assordante ronzio del mondo.
1215.3.20
Dalle montagne del cuneese ai quartieri periferici di Torino, Milano e Roma, dalle scuole dei piccoli indiani sikh, nei paesi della pianura padana, agli esercizi di patriottismo costituzionale nel Salento. Dalla radio libera in un asilo multietnico di Bologna ai viaggi in Cina di studenti e professori toscani, alle maestre poliglotte del quartiere Ballarò a Palermo: un'inchiesta originale sulla scuola che verrà. Dai nostri bambini impariamo moltissime cose. E quante altre potremmo impararne, da tutti i bambini del mondo. Ora che i nostri bambini vanno a scuola con bambini di ogni parte del mondo, è tempo di tornare tra i banchi anche per noi. Grazie a questo libro appassionato e ricco di ...
Nel nostro immaginario città e silenzio sono perlopiù antitetici. In parte perché la nostra esperienza quotidiana è effettivamente questa. In parte perché si è consolidata nel tempo una narrazione che fa della città e del silenzio due figure idealmente contrapposte, riconducibili a mondi e modi di essere differenti, distanti, apparentemente inconciliabili. A pensarci bene, però, le città non sono solo rumore. Nei tessuti urbani, infatti, non mancano luoghi dove comunemente dimora il silenzio. Che non è solo una condizione sonora ma qualcosa di più profondo che connota il nostro modo di vivere e abitare le città. Si tratta di silenzi eloquenti che dovremmo imparare ad ascoltare per comprendere davvero ciò che ci circonda.