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Dopo Herbert Hart, la filosofia del diritto specie angloamericana ha espunto senza troppi complimenti la coercizione dal diritto, almeno come sua caratteristica “essenziale”, oppure ne ha preservato il ruolo e l’importanza, ma conferendo a essa una posizione servente rispetto ai requisiti morali che il diritto, come tale, dovrebbe soddisfare. Negli scritti qui raccolti, l’autrice mostra l’insostenibilità di queste tesi e riafferma, in tema di rapporti tra diritto e forza, l’attualità della tradizione giuspositivista, alla luce della quale il monopolio e l’amministrazione della forza fisica sono il tratto saliente del fenomeno giuridico. Sostiene altresì, anche attraverso una critica all’interpretazione corrente del pensiero di Hart, che la centralità della coercizione nel (concetto di) diritto si integra pienamente col programma di separazione tra il diritto e la morale, e con la visione strumentale del diritto: vale a dire con i due aspetti basilari dell’anzidetta tradizione.
Il libro affronta le pluralità delle crisi soggettive, culturali, politiche e istituzionali che attraversano la società contemporanea. A seguito della trasformazione del sistema Fordista, del declino del Welfare State e della crisi finanziaria del 2008, non solo la povertà, l’emarginazione ma anche altre forme di tensioni e asincronie sono emerse all’interno della modernità destrutturando il mito e la narrazione della crescita e del progresso razionale. Il volume, attraverso una prospettiva sociologica e interdisciplinare, passa in rassegna le diverse articolazioni che le crisi hanno assunto in seno alla modernità. Particolari attenzioni sono conferite da una parte ai temi del razzismo, alle vittime della crisi quali gli adulti senza fissa dimora e i giovani, al fenomeno del populismo e dall’altra alla nuova forma di governamentalità, al rapporto tra criminologia e crisi economica attraverso la ricerca sui colletti bianchi e alla questione dell’interdipendenza tra diritto penale e devianza sociale.
“Spesso in sociologia si insiste sulla ‘costruzione sociale’ di istituzioni, norme, visioni del mondo, ossia sul fatto che aspetti della realtà che consideriamo obiettivi e neutrali, come l’infanzia, l’adolescenza, la famiglia monogamica, sono l’effetto di processi economici, scelte politiche, orientamenti culturali divenuti a un certo punto prevalenti. Nel lavoro di Marco Quiroz Vitale l’idea di una costruzione sociale (e politica) della normativa anti-schiavitù viene accolta, ma anche elevata al rango di riconoscimento verso gli attori che l’hanno perseguita, elaborata e istituzionalizzata mediante i processi democratici di introduzione di nuove norme. Dietro l’apparent...
L’autore intraprende un percorso di ricerca alla scoperta delle radici storiche della pratica di “suonare” le immagini dal vivo tipica del VJing e del live cinema. In questo viaggio indietro nel tempo ritrova parenti lontani dei contemporanei performer visuali in coloro che sin dall’inizio del XX secolo si sono interrogati sulle implicazioni che sussistono tra arti visive e musica. Le storie, le tecniche e le teorie circa le interconnessioni tra immagine in tempo reale e suono divengono le fondamenta per un’introduzione alle caratteristiche peculiari della performance audiovisiva.
Il presente contributo è volto ad analizzare la teoria della memoria collettiva elaborata dal sociologo francese Maurice Halbwachs. La prima ipotesi interpretativa intende mettere a fuoco la presenza significativa, in Halbwachs, di un principio di narratività che agisce come elemento formativo della persona attraverso la complessa dialettica tra memoria sociale e memoria autobiografica. La seconda prospetta che la storiografia, nella misura in cui utilizza la memoria per veicolare una specifica costellazione valoriale, incorra in un duplice infortunio scientifico, non tenendo sufficientemente conto delle differenze tra memoria e indagine storica e attribuendosi compiti impropri. DOI: 10.13134/979-12-5977-059-2