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The topics of work flexibility, precarious jobs, and the relationship between work, the market and production are subjects that are widely debated in the sociological, philosophical, economic and political spheres. Yet these topics are less touched on in the tradition of pedagogical research. The intention of this book is to build a seedbed for reflection on the central position assumed by work in the lives of every woman and man, inhabitants of a planet in which the transformation of work activities is imposing radical changes on lifestyles, community-building and societies. Work is not an abstract concept, but is incorporated into every human person who does it and into the relationships l...
Qual è il valore del corpo nella dimensione della ricerca? Quale ruolo può avere in ciascuna delle fasi in cui si struttura una ricerca qualitativa? Lo studio sviluppato nel presente volume cerca di rispondere a queste domande immergendosi in un’indagine il cui stesso oggetto ha una caratterizzazione fortemente corporea: l’embodied teaching, ovvero la dimensione incarnata dei processi di insegnamento e apprendimento in contesto scolastico. Collocandosi nel macro-paradigma dell’embodiment e nel campo di studio della Pedagogia del corpo, il testo è il racconto scientifico di un’esperienza di ricerca tesa a dare valore alla dimensione incarnata della conoscenza. Partendo come ricerca cooperativa a matrice corporeo- narrativa, lo studio si sviluppa attraverso una svolta performativa che ne trasforma la natura e che ne rappresenta il tratto più peculiare: un’analisi e poi una restituzione performativa dei dati che consente di osservare il tema dell’embodied teaching da una prospettiva specifica e coerente con i suoi assunti di fondo.
In questi anni le rifl essioni e le pratiche che tematizzano il patrimonio culturale si sono arricchite di nuovi orizzonti, che ne rileggono sia i concetti e le categorie sia le modalità di fruizione e le finalità formative. L’attenzione di fondo con la quale si guarda alla promozione del patrimonio culturale sottende l’esigenza di allargare e innovare le categorie con le quali pensiamo e ci riferiamo ai beni culturali, ma anche di attuare profondi cambiamenti nella gestione e nella valorizzazione educativa di un patrimonio inteso come bene comune. Il sodalizio tra cultura, arte e benessere è legittimato dalle evidenze scientifiche, mentre la rilevanza assunta dalle tradizioni immateriali e dai diversi immaginari culturali fa sì che il concetto di patrimonio risulti al centro di numerose intersezioni e finalità, che sollecitano la ricerca intorno alle dinamiche di fruizione dei beni artistici e architettonici, anche in vista di promuovere un welfare urbano di comunità capace di intersecare attenzione alle identità individuali, evoluzioni dell’apprendimento, obiettivi formativi, risposte a bisogni di fragilità e di cura.
La storia degli ultimi anni ci ricorda che l’Uomo forte esercita un fascino magnetico. Seduce. Si nutre delle insicurezze della gente, delle paure, delle debolezze. La sua ascesa sembra favorita dalla disposizione di molti a seguire acriticamente i modelli valoriali che l’autorità, politica ma anche economica, impone. Adeguamento, accettazione, conformismo: sono queste le “virtù” che ci conducono a una società migliore, più sana, più sicura? Siamo davvero certi che l’educazione delle nuove generazioni debba andare in questa direzione? E cosa significa crescere, da bambini e adolescenti, in un simile clima?
Costruire sistemi inclusivi. Percorsi educativi, didattici ed etnoclinici nella scuole plurali a Prato nasce a conclusione di un progetto sperimentale incentrato sul fenomeno degli alunni con disagio da percorso migratorio. Un intervento co-progettato e co-realizzato da un gruppo di lavoro interistituzionale, nato sul territorio pratese, con la finalità di una presa in carico integrata del disagio scolastico. Un sistema locale interconnesso non poteva che mettere in campo un percorso progettuale composito e interdisciplinare, nel volume affrontato e analizzato a più voci da esperti, anch’essi con diversi background professionali, e dalla cabina di regia stessa. A partire da un’analisi del contesto pratese e dei bisogni specifici individuati, la pubblicazione si avvale di contributi che affrontano, ognuno con lenti diverse, il fenomeno e le strategie inclusive messe in atto per provare ad affrontarlo. L’obiettivo è quello di restituire una fotografia del progetto e dei percorsi didattici e metodologici sperimentati sul campo, ma anche di tracciare strategie condivise di intervento che possano essere replicate e diffuse in ambiti molteplici e in territori diversi.
Come è noto, la configurazione del sistema della Giustizia minorile trova origine nel DPR 448 del 1988 “Disposizioni sul processo penale minorile”, che introduce principi volti a consentire la rapida chiusura del processo, la riduzione delle risposte limitative della libertà personale e la promozione di interventi e processi di recupero e reinserimento sociale del minore. La risposta penale alla delinquenza minorile diviene così un’azione progettuale diretta a stimolare nel minore autore di reato un percorso di responsabilizzazione rispetto ai propri comportamenti e ad acquisire quei valori che ne favoriscano il reingresso nella società civile. II DPR 448/88 è, pertanto, strumento primario della Giustizia Minorile: a distanza di un quarto di secolo dalla sua attuazione, alcuni punti sono stati rielaborati per essere in linea con le trasformazioni della società, la persistente adeguatezza della normativa trova la base nei principi educativi e rieducativi che la sostengono.
This book maps out a course through the methodological and technological innovations of internet-based training, setting the emphasis on the collaborative character of experiences of learning and on the interactivity of the virtual workshops. On the one hand, this underscores the possibilities offered by the net to make available educational modes centred on the social process that enables learning in an active manner, rather than on the centrality of contents to be passively transferred to the students. On the other hand, it also shows how in the virtual workshops it is possible to develop one's understanding of the phenomena that are the subject of learning as a result of the interaction with the phenomena themselves, reproduced in the computer, acting upon them and observing the consequences of one's own actions. The effect is to underline how this type of model of learning can help to overcome the technology gap between different countries and social groups (the digital divide) and also to make learning more accessible even to disabled students.