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Pietro Rosi è un giovane fragile e inquieto, figlio di un padre violento e di una madre affetta da disturbi nervosi. Innamoratosi di Ghìsola, una giovane contadina bella e sensuale, Pietro vivrà con lei un rapporto tormentato, torbido, che lo porterà a dover fare i conti con quella realtà in cui ha a lungo vissuto "con gli occhi chiusi". Sullo sfondo di una Toscana palpabile e struggente, Tozzi dà vita a un romanzo simbolo delle rotture e delle sperimentazioni di inizio Novecento, caratterizzato da digressioni, affondi introspettivi e scarti improvvisi. Fino a costruire, con una lingua vivida e intensa, un indelebile affresco dell'angoscia che inevitabilmente accompagna il vivere e l'incontro con la realtà.
Tozzi mostra al meglio una generale condizione di squilibrio, talvolta anche patologico, che è la ferita inguaribile sopportata da ognuno, l'ossessione originaria dell'essere separato da cui già Baudelaire provò a evadere con tragica impotenza." - Marcello Ciccuto
La presente edizione raccoglie, per la prima volta, le cinque raccolte novellistiche palazzeschiane, riproposte nella loro interezza: Il Re bello (1921), Il palio dei buffi (1937), Bestie del 900 (1951), Tutte le novelle (1957), Il buffo integrale (1966). Si aggiungono sette novelle disperse, mai riunite in volume. Il corpus novellistico finora noto riunisce 82 pezzi, mentre qui se ne offrono 98 (e tanti in redazioni multiple). Ma al di là dell'incremento quantitativo, l'edizione si distingue per il fatto di documentare la diacronia e, insieme, la sincronia dell'attività novellistica di Palazzeschi. Consente infatti di seguire le linee di svolgimento dinamico che scandiscono il laborioso iter che dal 1911 (data delle prime novelle) arriva al 1974. In pari tempo consente, con la riproposta integrale della summa d'autore di Tutte le novelle (1957), di fotografare la complessiva produzione del novelliere alla luce di quella che doveva considerarsi (al momento) la sua ultima volontà. L'attenzione per la diacronia e l'attenzione per la sincronia permettono due differenti angolature conoscitive, entrambe irrinunciabili.
C'è Valerio che nel 1932, quando inizia a raccontare, ha quindici anni e porta i calzoni corti. Il cuore gli batte per Luciana, ma è difficile dirlo a lei. Poi ci sono Giorgio, buono e coraggioso, Maria, che per leggerezza rischierà di perderlo, Marisa e Carlo, che molto avrà da farsi perdonare, Olga, bella e docile, Arrigo e infine Gino, con il suo grumo nero nel cuore. Sono giovani e poveri, ma uniti: nati e cresciuti a Santa Croce, Firenze. "Nulla sapevamo - dice Valerio - non volevamo sapere forse. Ci promettevamo oneste gioie. La nostra vita erano le strade e piazze del Quartiere." Ma la realtà, quella città aliena con i suoi bei caffè e le orchestrine, non si accontenterà a lungo di restare fuori a guardare. Farà irruzione nelle loro vite con la prepotenza del regime, delle guerre, della miseria. Distruggerà le loro case, li sparpaglierà nel mondo, li chiamerà chi alle armi, chi in carcere, chi nella lotta politica. Ma non potrà mai derubarli dell'eredità più preziosa del Quartiere, quell'incrollabile fede nell'uomo e nel valore della solidarietà.
Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall'ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano. Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, "Bob" (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.
Un giovane nato nel 1915, una famiglia complicata nel suo passato, cresciuto con una matrigna poco amabile che lo spinge presto a fuggire via. Da adolescente, Valerio Marsili inizia a frequentare i ragazzacci di strada di San Frediano, poi arrivano gli studi di Lettere e l'amore per Gloria. Ed è negli anni Quaranta che nella vita di Valerio irrompe il fascismo e la guerra in Africa, poi Milano e il comunismo. In pochi decenni la sua esistenza si forma e dissolve sullo sfondo del conflitto mondiale e della lotta partigiana, tra esperienze e disinganni, in un disperato amore per la vita che fa di Valerio una figura eterna, di ieri e di oggi. Dopo il mondo operaio disegnato in Metello, e l'incandescente ritratto storico-psicologico della società borghese dello Scialo, qui Pratolini conclude la sua "Storia italiana" in un diario continuo, tra fiction e autobiografia, recuperando il passato per coinvolgerlo nelle azioni e nei pensieri del presente.
Un ritratto disincantato e ironico dell'Italia fascista nell'opera più intensamente autobiografica di Aldo Palazzeschi. La vita dello "zitello" dolce e pacioso Celestino Cuccoli che, desideroso di avere figli, ne adotta addirittura quattro...
Pubblicate per la prima volta nel 1937, le diciotto novelle del volume siglano il "ritorno all'ordine" dell'autore. Scritte in una lingua dalla netta matrice toscana, con punte vernacolari, raggiungono straordinari effetti caricaturali, degni del miglior Palazzeschi, insieme irresistibile e crudele.
È il 1945. Tre nuclei familiari coabitano in un appartamento: i giovani sposi comunisti Faliero e Bruna, la vedova di un ex repubblichino, Virginia, e Lucia, madre vedova del sedicenne Sandrino. Il ragazzo, bello, irruento e cresciuto nel culto della figura autoritaria e squadrista del padre perduto, seduce Virginia e inizia con lei una relazione intessuta di soprusi e vessazioni. Le tensioni travolgono la casa e i suoi abitanti, inclusi Bruna e Faliero che tenteranno di "salvare" Sandrino, ma invano. In lui infatti la violenza fascista è un male incurabile, che tracimerà in un acme di tragica brutalità. Scritto nel 1947, il romanzo riflette il clima da guerra civile che agitava l'Italia del dopoguerra e segna un'evoluzione marcata nello stile dell'autore. Pratolini è trascinato al realismo dall'urgenza storica e personale di testimoniare le profonde fratture sociali che abitavano come demoni le ombre della difficilissima ricostruzione - non solo materiale - del Paese.