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I frati minori cappuccini hanno compiuto in origine, nella metà del sec. XVI, una scelta rigorosa di austerità e di limpidità di comportamento e di costumi. Molti atteggiamenti, radicati nei primi frati, sono stati tramandati in altrettanti racconti che, in genere, ci fanno stupire come un qualcosa che sa di irreale. In ogni caso, hanno forse molto da dire anche al giorno d’oggi, su un piano umano e morale che non sia superficiale.
Chi ha passato la vita tra i libri delle biblioteche indagando sulla storia di un personaggio o di un momento storico, ha avuto l’occasione di mettere a disposizione del prossimo una notevole massa di materiali e ad un certo punto della vita ha dovuto necessariamente, per sé e per gli altri, mettere in ordine la sua produzione affinché non andasse dispersa col tempo e per facilitarne la conoscenza e la diffusione in modo organico.
Il Francesco che si allietava con le creature e che suonava e cantava era colui che sapeva vivere la gioia della vita, come, prima di lasciare la mondanità, amava organizzare le feste con gli amici, suonando e cantando.
Poco è stato tramandato dai biografi antichi. Ma ciò che è stato tramandato, basta a delineare l’amicizia tra i due, vissuta con chiari segni di affetto. Con semplicità e libertà. Francesco, nelle estreme ore di sua vita, volle lei, accanto a sé, per mangiare, ancora una volta, i dolcini romani preparati da lei. E a lei chiese di portare da Roma a Santa Maria degli Angeli, dove egli stava morendo, i ceri per la sepoltura.
Il canto «francescano» della Divina Commedia, l’XI del Paradiso, sottende la concezione pauperistica degli Spirituali e tuttavia elude ogni polemica e offre semplicemente un Francesco che, con disarmante naturalezza, s’innamora della Povertà e «corre» “dietro a tanta pace”.
Le specificità dei due santi fondatori, Francesco e Domenico, sono viste da Caterina da Siena in ordine ad un unico fine, del resto come già aveva riflettuto Dante Alighieri.
Il frate del Gargano come uomo donatosi a tutti. Lo straordinario è tutto qui. Questo è il pensiero che ispira il potentissimo cantico di Giovanni Scarale su Padre Pio da Pietrelcina.