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Monumenti, strade, castelli, musei sono gli immediati indicatori per chiunque voglia farsi un'idea della civiltà di Napoli, ma è nelle biblioteche, e più precisamente nel libro, sia manoscritto che stampato, che quelle indicazioni trovano una spiegazione più compiuta, nelle pagine degli autori che hanno scritto sugli innumerevoli aspetti della città. Tale concetto costituisce lo sfondo di questa Storia del libro napoletano, cercando di far emergere le peculiarità più rilevanti della storia e della cultura napoletana, attraverso le testimonianze librarie più importanti che partono dai papiri ercolanesi, per seguire con i codici medievali, manoscritti talora splendidi per le alluminazioni, fino ad arrivare al 1471 quando si ebbe la prima stampa a caratteri mobili, il Bartolo di Sassoferrato, Lectura, un testo giuridico, che inaugura una caratteristica non secondaria della cultura napoletana, per concludere al 1860.
Anche se nel periodo jenese Hegel aveva pianificato di intraprendere una Kunstreise in Italia sulle orme di Winckelmann e Goethe, questo progetto giovanile concepito nello spirito del Grand Tour non si realizzò mai. Cionondimeno Hegel stimò, conobbe e ammirò ampiamente l’arte e la cultura italiana. Con il presente volume ci si propone pertanto un duplice obiettivo: ricostruire il ruolo che la pittura, la musica, l’opera e la poesia italiana hanno rivestito nella filosofia hegeliana e, inoltre, offrire un quadro della ricezione italiana del pensiero di Hegel – da Bertrando Spaventa fino a Gianni Vattimo e a Giorgio Agamben – tenendo presente anche il ruolo dei traduttori italiani delle opere hegeliane – dal dimenticato Alessandro Novelli al ben più celebre Benedetto Croce –, e il confronto critico del pensiero femminista, in particolare di Carla Lonzi.
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