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Da qualche anno, il tema della procreazione assistita è oggetto di un’attenzione crescente non soltanto in seno al dibattito pubblico, ma anche da parte delle arti e della cultura. I tabù sulla maternità cominciano a infrangersi, le donne prendono la parola per raccontarsi, per narrare i loro corpi feriti, le loro vite stravolte, i loro equilibri compromessi. A partire da un corpus di romanzi, memoir, scritti autobiografici, film e documentari prodotti dal 2010 a oggi, Ramona Onnis esplora gli aspetti politici e sociali del desiderio e della rinuncia alla maternità attraverso la prospettiva travagliata, talvolta inconfessabile, del racconto personale. Ciò dando spazio anche alla vergogna, alla rabbia e al dolore, che spesso si affiancano all’ostinazione e al coraggio, necessari per affrontare il difficile percorso della Procreazione medicalmente assistita (Pma). Ribadendo la continuità tra politico e privato, il saggio offre un contributo al dibattito politico-sociale e all’analisi del racconto esperienziale sul tema della Pma, esplorando il lavoro artistico-letterario di alcune talentuose scrittrici dell’ultimo decennio.
Decano e casseur dell’antropologia, Jean-Loup Amselle si concede un libro di memorie sugli intellettuali impegnati politicamente della propria generazione e su quella stagione francese delle scienze sociali che ha brillato per la sua portata radicale. Uno scritto in parte di ricordi, quindi, ma quel tanto che basta per guardare al presente e provare a capire l’attuale situazione di impasse. Che ne è, infatti, dell’idea di cambiare il mondo? Per Amselle, la sinistra si trova in un lungo vicolo cieco, non solo per la confusione che la domina e per i passaggi a destra di tanti intellettuali, ma anche e soprattutto per via di un dominio mediatico che fabbrica intellettuali-manichini pront...
Il volume analizza il lungo processo culturale, sociale e politico – attivo dal 1882 al 1924 e ritradotto in atti legislativi – che vide l’imposizione di progressivi veti all’ingresso degli immigrati nel territorio americano. Tale processo si servì dello stereotipo dell’immigrato – nella cui figura venne identificato il pericolo sociale della povertà, della marginalità, dell’analfabetismo, della debolezza mentale, della solitudine, della diversità religiosa e dell’aggressività – per fomentare il timore della sostituzione del ceppo statunitense originario da parte di altre “razze”. Agli americani venne insomma prospettato un futuro sempre più incerto, in cui le mas...
Centinaia di milioni di persone in tutto il mondo fruiscono di prodotti musicali diffusi da servizi attorno ai quali si è sviluppato un sistema di produzione, distribuzione e consumo controverso e scarsamente compreso. Secondo alcuni, i nuovi ambienti della comunicazione starebbero contribuendo a rendere la realtà culturale più aperta e diversificata, dischiudendo un orizzonte di libero esercizio dell’intelligenza collettiva nel segno della cultura partecipativa; secondo altri, invece, staremmo andando incontro a una deriva regressiva, sempre più asserviti ai conformismi della cultura commerciale. Attraverso un’indagine critica della dimensione simbolica, politica, economica, spaziale, interazionale e ideologica del corrente ecosistema dei media – corredata dalla presentazione di alcuni studi empirici volti a esplorare le percezioni di discografici, manager musicali, addetti al marketing, songwriter, produttori professionisti e ascoltatori –, questo libro propone risposte scientificamente valide a una domanda sin qui relegata al campo del senso comune: il capitalismo digitale è davvero alleato della cultura?
Pur essendo considerato il “teorico dell’egemonia”, e non occupandosi in forma prevalente del “Sud del mondo”, Antonio Gramsci è un autore di riferimento per i popoli impegnati nelle lotte di liberazione dall’oppressione coloniale. La ragione di questo apparente paradosso va ricercata in un fattore non sufficientemente approfondito: egli è figlio consapevole di un’isola povera, contadina e periferica, storicamente assoggettata a molteplici forme di dominazione e passivizzazione. Con un simile retroterra, all’interno di un lungo processo di definizione politica e filosofica, Gramsci concepisce l’emancipazione umana come prosecuzione, completamento e rovesciamento dei valori universali immanenti alle rivoluzioni borghesi. Tematizzando in maniera originale e unitaria il rapporto tra esigenze di interpretazione e di trasformazione del mondo, l’autore dei Quaderni rielabora la questione del rinnovamento del marxismo, fornendo categorie analitiche indispensabili al suo aggiornamento concettuale.
Il tempo incrina, graffia, stinge, spezza, scrosta, consuma, deteriora, sbriciola, disintegra, distrugge, leviga ogni cosa. Ed è qui che risiede il potenziale estetico della metamorfosi alchemica che il tempo offre all’arte, la quale trasforma i detriti in meraviglie e i resti in impronte indelebili. Oltrepassando i limiti della temporalità per consegnare l’Idea all’eternità, trasformandola in immagine filosofica o artistica, il rifiuto, il rottame, lo straccio che si stagliano tra gli scorci fatiscenti e consumati dal tempo rappresentano quindi l’occasione per attivare lo sguardo estetico e la capacità di vedere in quell’“oltre” dinamico e moltiplicativo le sue potenzialità poetiche, narrative e allusive.
La coscienza estetica sposta l’osservatore dall’essere al pensare e dall’assistere al partecipare. L’arte si fa potenziale luogo di addestramento alla sensibilità, all’introspezione, all’intelligenza della visione, alla valorizzazione della bellezza nel mondo. Lo sguardo estetico è in costante fluttuazione tra l’illusione di concretezza dell’esistente e l’astrazione, dove l’intuizione creativa trasmette quell’indecifrabile termine di mezzo fra il “qui e ora” e l’inconoscibile “altrove”. Ne deriva che l’esperienza generata da un sentire filosofico è la circostanza in cui la vertigine del sublime trascina chi osserva verso l’alto e permette di riscattare ...
L’antologia letteraria di Valeria Roma è un’opera necessaria. Con delicatezza e sensibilità, lascia riemergere dall’oblio della censura le storie del popolo palestinese: le sue innumerevoli trasformazioni sociali e culturali, i sogni individuali e il desiderio comune di liberazione, le memorie collettive e i ricordi familiari, il tormento dell’esilio e l’incredibile resilienza dei bambini che, nonostante tutto, continuano a giocare. Anche se suona come un paradosso, un’immagine contraddittoria e impossibile, all’atto di nascita dello Stato di Israele migliaia di palestinesi furono dichiarati “presenti assenti”: una dicitura che impone la cancellazione di un popolo intero e con esso del vissuto peculiare e insostituibile dei singoli. Come fili di una trama la cui essenzialità viene svelata solo nell’immagine finale, alcuni frammenti di vita, oggetti ed episodi intimi confluiscono nella ricostruzione di una cultura scomparsa sotto il peso dell’oppressione politica. Secondo l’autrice, fra il trauma e la distruzione intercede la poesia del quotidiano, spesso dolorosa, che eleva la narrativa palestinese a potente forma di resistenza.
Questo è un libro sulla musica e sulla sua organizzazione sociale, perché la musica è un fatto sociale e come tale chiede di essere affrontata. Certo, la musica è anche oggetto, campo e spesso feticcio di quanti della sua conoscenza e del suo apprezzamento fanno una professione: critici musicali, storici della musica, musicologi, musicisti, giornalisti musicali, ecc. Non dobbiamo dimenticare che in ballo ci sono licenze e mandati professionali, quindi risorse e posizioni, e che la musica è un campo non solo di studi e di giudizio estetico ma anche di confronti e scontri, di lotte e conflitti, di alleanze e compromessi, la cui posta in gioco è la definizione del concetto stesso di music...