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A volte dopo decine di scatti, aspettando che arrivi il famigerato momento decisivo o più semplicemente che espressione, modo in cui l’abito cade, luce e riflessi siano al meglio nello stesso fotogramma, inizi ad annaspare, vorresti qualcosa di diverso e allora apri l’altro occhio o più semplicemente giri il tuo tele di qualche grado ed ecco, quell’umanità che fino ad un secondo fa avevi visto solo marginalmente e sfocata, “buca” il tuo obiettivo!
L'opera di Emanuele Severino racchiude due tesi di inaudita, stupefacente portata: quella per la quale tutto, anche un battito di ciglia, è eterno e quella per la quale questa, che altrimenti apparirebbe la più paradossale e assurda delle affermazioni, ha invece il rango di verità innegabile. Luigi Vero Tarca – altro importante protagonista dell'attuale dibattito filosofico – prospetta quello che egli definisce l'unico argomento possibile per la confutazione di tale verità altrimenti innegabile, pervenendo alla propria proposta filosofica, nota come filosofia del puro positivo. In tal modo, egli apre un ulteriore spazio di riflessione, problematico quanto fecondo. Gli scritti di ques...
Anche se nel periodo jenese Hegel aveva pianificato di intraprendere una Kunstreise in Italia sulle orme di Winckelmann e Goethe, questo progetto giovanile concepito nello spirito del Grand Tour non si realizzò mai. Cionondimeno Hegel stimò, conobbe e ammirò ampiamente l’arte e la cultura italiana. Con il presente volume ci si propone pertanto un duplice obiettivo: ricostruire il ruolo che la pittura, la musica, l’opera e la poesia italiana hanno rivestito nella filosofia hegeliana e, inoltre, offrire un quadro della ricezione italiana del pensiero di Hegel – da Bertrando Spaventa fino a Gianni Vattimo e a Giorgio Agamben – tenendo presente anche il ruolo dei traduttori italiani delle opere hegeliane – dal dimenticato Alessandro Novelli al ben più celebre Benedetto Croce –, e il confronto critico del pensiero femminista, in particolare di Carla Lonzi.
L’opera di Emanuele Severino svela l’inconscio dell’intero modo di pensare che l’ha preceduta, riassunto nella comune definizione di “nichilismo”, e si sospinge al di là del nichilismo proprio in quanto ne svela l’inconscio. Cosa fare allora dopo quest’opera, oltreché contemplarne la mirabile costruzione? Giungendo a pensare ciò che sino ad allora era stato impensabile, Severino ha spostato in avanti quello che era stato il confine del pensiero; ma c’è qualcosa che diviene visibile da questo nuovo confine? Qualcosa che può diventare pensabile solo spingendosi ancora al di là di questo pensiero, benché soltanto grazie a esso? Se tale opera si è spinta al di là del nichilismo svelandone l’inconscio, spingersi ancora più in là sarà possibile solo se si individuerà qualcosa di inconscio anche in essa, almeno in uno dei suoi termini-chiave.
Il “fuoco” della filosofia arde in ogni uomo: è il desiderio della verità, della conoscenza, del compimento di sé. Esso ci spinge verso il sentiero della ricerca e, per ogni questione, ci pone davanti a un bivio: da una parte vediamo la strada della “chiusura”, che non vuole superare i limiti del mondo visibile, dell’esperienza sensibile; dall’altra parte troviamo il percorso dell’“apertura”, che osa trascendere la barriera del finito per orientarsi verso l’infinito, l’assoluto, la verità. Nella nostra temperie culturale è prevalente la prima strada. Si propone di seguire la seconda, che risponde meglio alle esigenze intime dell’essere umano e alimenta il fuoco interiore della nostra spiritualità. Chi segue questo itinerario non si ferma ai confini della finitezza, ma si apre a una dimensione metafisica, in tutto il suo essere, come “persona”, secondo le cifre profonde della sua essenza. Esso è, in un certo senso, un “frontaliere”, che conosce il limes del mondo finito, ma che nello stesso tempo, sa guardare alla trascendenza dell’infinito.
L’evento del primo confinamento, a seguito della pandemia da Covid-19, ha portato molti a confrontarsi con una nuova esperienza di sé. In questo frangente la dimensione del vuoto, nel senso ampio del termine, è sicuramente emersa come la più perturbante. Il libro si misura con tale dimensione e la relazione che questa ha con il processo di costruzione della nostra soggettività, attraverso un’analisi anzitutto storiografica di come il vuoto sia stato principalmente tematizzato dal pensiero filosofico occidentale, ma non solo, provando a ragionare attorno a cosa esso abbia rappresentato e cosa possa ancora significare, quale dispositivo di istituzione della nostra identità e della nostra esperienza. Gli atomisti antichi, gli epicurei, il pensiero orientale e il moderno pensiero occidentale, a partire da Blaise Pascal e Pierre Gassendi, fino alle riflessioni degli ultimi anni possono ancora dirci qualcosa su di noi, a partire dal nostro vuoto?
I tempi che corrono ci sfidano: è possibile (far) pensare in pochi minuti? Questo libro risponde che si può provare a farlo attraverso una cura sperimentale di 42 pillole-concetti, dal dosaggio preciso di 750 parole e da assumere (almeno) una volta al giorno – preferibilmente lontano dai pasti. Con un linguaggio diretto e ironico e uno stile interattivo e originale, 4 minuti affronta temi tradizionali della storia del pensiero e questioni al centro della ricerca filosofica contemporanea, con l’intento di riflettere insieme sulla società, su noi stessi, sul mondo e sulla filosofia. Che cosa sono le ICT? Perché Aristotele era poliamoroso? In che senso siamo degli alieni? È possibile smettere di fumare? Come posso proteggermi dalle truffe filosofiche? Davvero quando parliamo sono solo parole? Che cosa c’è nel mondo là fuori? Quali insegnamenti può darci il traffico urbano? Come si esce da una echo chamber? Sono alcune tra le domande che potrai affrontare in questo libro, prendendoti giusto 4 minuti per pensare.
A cent’anni dalle opere che hanno segnato il pensare dialogico, come i Frammenti pneumatologici di Ebner (1921), La stella della redenzione di Rosenzweig (1921), Io e tu di Buber (1923), L’opposizione polare di Guardini (1925), in un contesto epocale non meno critico di quello successivo al primo conflitto mondiale, il pensare dialogico si offre come approfondimento di una costellazione che come un fiume carsico incrocia molte correnti della filosofia contemporanea, confrontandosi indirettamente con le principali teorie etiche contemporanee e aprendosi ad una metodologia etico-pratica in grado di connettere discipline, mondi, culture, religioni, senza pretese di sincretismi complessivi ma con la consapevolezza che dialogare è prendere sul serio il tempo e aver bisogno dell’altro, in una dimensione linguistica, comunitaria, attenta alla trascendenza e segnata da un pensiero nuovo come pensare in cammino e aperto all’integrazione.