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What role does subjectivity play in digital culture? While the 19th century was characterized by print culture and the 20th century by broadcasting culture, we are now experiencing a new paradigm shift: digital technology has radically changed the way we produce (and consume) information, goods, values, social relationships, institutional bonds, etc. Subjects living in such a digital environment are ‘digitalizing’ themselves as well: the label ‘digital Self’ can help understand this change by establishing a parallel between subject and culture based on their common feature of being ‘digital’. Nevertheless, significant differences in this ‘being digital’ on both sides are at play, which should not be overlooked if we are to critically understand not only what a ‘digital Self’ and a ‘digital culture’ are, but also their dark sides and most problematic aspects. With this issue, our aim is to provide an interdisciplinary overview of the most problematic features of digital culture and the digital self according to contemporary debate, which might suggest new directions for future research and collaborative work.
This book features a theoretical depiction of the Italian phenomenological tradition. It brings together the main Italian phenomenologists of the present to discuss the positions and theories of the most important Italian phenomenologists of the past. Those profiled include Antonio Banfi, Sofia Vanni Rovighi, Enzo Paci, Dino Formaggio, Giuseppe Semerari, Enzo Melandri, Paolo Bozzi, Carlo Sini, Giovanni Piana and Paolo Parrini. This collection shows not only the variety of perspectives but also the inner consistency, peculiarity and originality of the tradition. Moreover, the contributors connect continental and analytical traditions, the scientific approach and existentialism. Italian phenomenology, the rise of which dates back to Antonio Banfi’s writings on Husserl in 1923, proves to be from its very beginning, a relational philosophy. It is a philosophy that is capable, precisely by means of its method, of developing actual forms of communication and exchange among the different sciences. This book will provide graduate students and researchers with unique insights into the Italian school of phenomenological thought.
This volume explores the broad and rich spectrum of contemporary phenomenological engagement with digital technologies. By focusing on plural forms of the digital, it offers arobust and flexible framework for contemporary phenomenological investigations in the digital age. It contends that the impact of digital technologies on the lifeworld involves both the emergence of novel fields of lived experience in need of phenomenological analysis and the transformation of the method and attitude of phenomenologically oriented philosophers towards the world. The chapters cover topics including immersion in virtual environments, the impact of digital cognitive devices on our perception of time, the i...
Il volume ricostruisce le vicende della ricezione e rielaborazione della fenomenologia husserliana in Italia a partire dai primi studi di Antonio Banfi negli anni Venti del secolo scorso, passando per l’interpretazione di Enzo Paci e dalla sua scuola negli anni Sessanta, per arrivare sino ad oggi – al perdurare e complicarsi di un interesse fenomenologico che, nelle sue varie evoluzioni e trasformazioni, appare più che mai vivo e produttivo nel nostro Paese. Chiamando a scrivere, sui loro maestri, gli allievi e gli studiosi più vicini ai vari esponenti delle diverse scuole e tradizioni fenomenologiche italiane, i curatori hanno voluto offrire non soltanto una ricostruzione storica e una valutazione teoretica, ma un vero e proprio esercizio fenomenologico, in cui gli odierni studiosi riflettono sugli “antichi” studiosi di fenomenologia, delineando – in questo duplice passaggio interpretativo – una lettura tanto più ricca e critica del pensiero husserliano, quanto più nutrita dei risultati sedimentati nella plurivoca e mai (del tutto) interrottasi tradizione fenomenologica italiana.
[Italiano]: Se “ritornare alle cose stesse” è il motto della fenomenologia, in questo volume ci si propone, a più di 75 anni di distanza dalla svolta operata da Maurice Merleau-Ponty nel suo Fenomenologia della percezione, di ritornare alla percezione. Per la prima volta, in quel testo, la fenomenologia scopriva la percezione, che è in primo luogo percezione corporea. Da allora la filosofia non ha smesso di interrogarne il significato, non solo nei vari domini filosofici (nella teoria della conoscenza, nell’estetica e persino nella morale), ma anche, e sempre di più, in un’ottica multidisciplinare che lega il problema della percezione a questioni antropologiche e di geografia uma...
Come distinguere ciò che esiste da ciò che è soltanto pensato? In che cosa differisce l’essere dal semplice nulla? Dopo millenni di tentativi frammentari o sistematici, umili o grandiosi, l’ontologia stenta ancora a fornire una risposta adeguata. La realtà del reale, di contro alla sua mera possibilità irrealizzata, continua a sfuggirci – complici alcuni dei più formidabili enigmi che siano mai stati formulati nel campo della metafisica: il paradosso dei futuri contingenti di Aristotele, e quello degli oggetti simmetrici di Immanuel Kant. Questi paradossi, secondo Gilles Deleuze, ci obbligano a pensare la processualità creativa, l’apertura indeterminata del divenire e il dinamismo fecondo della natura, così da cogliere l’ente nell’originalità radicale della sua venuta al mondo. Ma il suo tentativo, oggetto di un’analisi approfondita in questo libro, potrebbe in definitiva risultare la prosecuzione dell’inveterata tradizione che egli ambiva a superare.
Con lo sviluppo dell’automazione possiamo sempre più delegare alle macchine compiti e responsabilità alle quali non abbiamo più voglia di dedicarci o che sono estremamente complessi. Le macchine intelligenti però sono solamente degli oggetti che possiamo utilizzare e sfruttare come più ci piace o possono anche avere qualche forma di soggettività e meritano una rilevanza morale? I saggi qui raccolti intendono analizzare alcune delle implicazioni teorico-pratiche ed etico-politiche che emergono con lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale a partire da una riflessione sugli scenari che si aprono con l’affermarsi dell’utopia dell’automazione. In questo modo si mostra che è possibile ragionare sui problemi tradizionali della filosofia (che cos’è l’intelligenza? Qual è il rapporto tra intelligenza, coscienza e corporeità? Che cosa significa essere umano? Qual è il nostro rapporto con la tecnologia? La tecnologia può essere neutrale?) senza rinunciare a misurarsi con il proprio tempo e con le grandi trasformazioni che avvengono.
Qual è il rapporto tra la mente cosciente e la natura? A tale questione fondamentale si può rispondere in modi molto diversi, a seconda di come si concepiscono sia la mente che la natura. Questo lavoro offre una risposta originale, integrando la fenomenologia husserliana e la concezione enattiva all’interno di una prospettiva unitaria chiamata fenomenologia enattiva. Nel percorso qui sviluppato, il lettore troverà un’analisi ricca e aggiornata di alcune tra le questioni più dibattute nella filosofia della mente e nelle scienze cognitive contemporanee: il “problema difficile” della coscienza e il suo rapporto con l’intenzionalità, lo statuto epistemologico e ontologico delle qualità sensibili, la filosofia del colore, il dibattito sulla cognizione incorporata (embodiment) e l’approccio fenomenologico allo studio del mentale. L’autore sviluppa infine una proposta generale che si articola in una metafisica monistico-neutrale, processuale e relazionale della natura e della coscienza.
Nella prospettiva che Metzinger difende nelle lezioni raccolte in questo volume, l'io, come scrive nell'introduzione Alfredo Paternoster, «viene a configurarsi come nulla di più di un'utile recita, una sorta di allucinazione, costruita però con materiali genuini». Sullo sfondo dell'eredità di Hume, ripresa oggi da Dennett, Metzinger delinea un ampio programma di ricerca, anche empirica, inteso a mostrare come si pervenga a una rappresentazione del sé; tale rappresentazione tuttavia non attesta l'esistenza di qualcosa come una coscienza.
This book features a theoretical depiction of the Italian phenomenological tradition. It brings together the main Italian phenomenologists of the present to discuss the positions and theories of the most important Italian phenomenologists of the past. Those profiled include Antonio Banfi, Sofia Vanni Rovighi, Enzo Paci, Dino Formaggio, Giuseppe Semerari, Enzo Melandri, Paolo Bozzi, Carlo Sini, Giovanni Piana and Paolo Parrini. This collection shows not only the variety of perspectives but also the inner consistency, peculiarity and originality of the tradition. Moreover, the contributors connect continental and analytical traditions, the scientific approach and existentialism. Italian phenomenology, the rise of which dates back to Antonio Banfi’s writings on Husserl in 1923, proves to be from its very beginning, a relational philosophy. It is a philosophy that is capable, precisely by means of its method, of developing actual forms of communication and exchange among the different sciences. This book will provide graduate students and researchers with unique insights into the Italian school of phenomenological thought.