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Alla fine degli anni Quaranta, Raffaele Viviani avverte la necessità di rivedere, rettificare e proseguire il racconto dell’autobiografia già edita da Licinio Cappelli nel 1928. In questa seconda ed ultima prospettiva, approfondisce particolarmente il rapporto arte-vita, integrando riferimenti di eventi, situazioni, emozioni che meglio avrebbero fatto comprendere - stampata l’opera - l’evoluzione del suo percorso artistico, largamente ispirato dalle sue esperienze personali e dal suo attento sguardo sulla società contemporanea. La malattia sopraggiunta nel 1947, in concomitanza con la narrazione degli ultimi avvenimenti esposti, e la successiva morte gli impedirono, però, di pubblicare l’opera. Nell’intento di attuare quella che era la volontà dello stesso Viviani, ho ritenuto opportuno portare alla luce l’ultima testimonianza dell’uomo e dell’autore legato alla sua Napoli, anima stessa del suo teatro, della quale ha mostrato difetti e pregi.
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