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Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi sono morti in circostanze oscure dopo l'arresto da parte delle forze dell'ordine. Casi ormai emblematici che grazie allo sforzo delle famiglie sono arrivati in tribunale. Ma per poche storie che hanno conquistato le prime pagine dei quotidiani, ce ne sono molte altre che l'opinione pubblica ha dimenticato o ignorato. Come quella di Niki Aprile Gatti, arrestato per una frode informatica in cui è coinvolta la società dove lavora. Unico tra i 18 accusati, accetta di collaborare, e cinque giorni dopo viene trovato impiccato in prigione. Come può un laccio da scarpe aver retto il peso di un ragazzo di 92 chili? E Fabio Benini, morto a trent'anni di infarto ...
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In un Paese come l'Italia basta l'onestà per diventare martiri. Lo sanno i magistrati e gli investigatori che si battono contro la criminalità organizzata (come Scopelliti, Cassarà, Livatino), i giornalisti che non si limitano a riportare notizie d'agenzia ma indagano (come Impastato, Cutuli, Arrigoni), ma anche gli uomini delle scorte, i testimoni scomodi e moltissimi altri che hanno avuto la sola colpa di non voltarsi dall'altra parte. Sono morti a centinaia per proteggere lo Stato, la libertà di stampa, il significato della giustizia, i nostri diritti: un fiume di sangue su cui si regge la Repubblica. Le loro storie ci parlano di uomini e donne comuni, con una famiglia e una quotidian...
C'è quella da cartolina, dove si mangia bene e i problemi non esistono o, alla peggio, si risolvono da soli. E c'è poi un'altra Italia fatta di povertà emergenti o consolidate, di disoccupazione e precariato, di mercificazione delle donne, di conflitti d'interesse, di uso politico dei media. In un Paese normale, un giornalista del servizio pubblico dovrebbe avere il diritto (e il dovere) di raccontare tutto questo. Ma da noi non funziona più così. Lo dimostra Maria Luisa Busi, volto di punta del Tg1 delle 20 che, dopo anni di carriera, nel maggio 2010 ha lasciato la conduzione, perché non condivideva la linea editoriale del nuovo direttore. "Brutte notizie" spiega come il telegiornale ...
Il mancato riconoscimento del valore dell'Unità nazionale, il subdolo meccanismo della macchina del fango, l'espansione della criminalità organizzata al Nord, l'infinita emergenza rifiuti a Napoli, le troppe tragedie annunciate. Accanto alla denuncia c'è anche il racconto – commosso e ammirato – di vite vissute con onestà e coraggio: la sfida senz'armi di don Giacomo Panizza alla 'ndrangheta calabrese, la lotta di Piergiorgio Welby in nome della vita e del diritto, la difesa della Costituzione di Piero Calamandrei. Esempi su cui possiamo ancora contare per risollevarci e costruire un'Italia diversa.Ideato e condotto da Roberto Saviano e Fabio Fazio, Vieni via con me è stato l'evento televisivo dell'anno, più seguito delle partite di Champions League e dei reality show. Ora Vieni via con me è un libro che rende di nuovo accessibili al pubblico queste storie in una forma ampiamente rivista e arricchita. Facendole diventare, ancora una volta, storie di tutti.Vai al sito ufficiale del libro e invia a Roberto la tua lista di cose per cui vale la pena vivereIl booktrailer da You Tube
From the international bestselling author of Gomorrah, this is a deeply personal and candid portrait of Italy today: a place of trafficking and toxic waste, where votes can be bought and sold, where organized crime ravages both north and south - yet also where many courageous individuals defy the system, and millions work tirelessly for a better future. 'Saviano is a blazingly vivid and courageous writer' Independent 'A national hero' Umberto Eco 'Saviano has an astonishing ability to write luminously yet subtly about terrible things' Le Parisien 'Brave and passionate' Guardian 'One of the world's finest investigative journalists' GQ
Il terremoto in Abruzzo ha fatto tutto il possibile per farsi ascoltare. Lo ha fatto annunciandosi con piccole scosse, per mesi, sempre più frequenti. E' stato un "terremoto amico" che non ha potuto nulla contro l'arroganza dei vertici della Protezione Civile. Il grido di Giuliani è rimasto inascoltato. In Giappone, il "terremoto amico" non avrebbe comunque ucciso nessuno. Lì le case sono antisismiche, da noi di sabbia. Il terremoto è ora un reality show di Stato che esibisce i morti per propaganda. Che li mostra ai potenti della Terra come una volta l'argenteria. Un Potere che si nutre delle proprie vittime.
Piccoli imprenditori, tanti lavoratori, disoccupati o cassintegrati hanno scritto, accorati e disperati e pieni di aspettative, alle massime cariche istituzionali per raccontare il loro disagio o ricevere sostegno. Hanno scritto a chiunque, persino al presidente della Repubblica. Le risposte, se e quando sono arrivate, si sono rivelate inconsistenti. Alcuni sono falliti, molti, troppi, si sono tolti la vita. Questo libro racconta le loro storie, le loro testimonianze.
Una volta si lavorava per vivere, ora per cercare di salvare la propria pelle. Un essere umano esce di casa per andare a lavoro: per sostentare se stesso e la propria famiglia. La sera dovrebbe farvi ritorno sano e salvo. Questa dovrebbe essere la norma, ma spesso non è così. “Morti Bianche” è una sorta di testamento senza beneficiari, anzi con familiari che restano troppe volte senza assistenza e in completa solitudine. Un viaggio nel mondo delle morti sul lavoro raccontato da testimoni e sopravvissuti.
Carlo Silvano ha incontrato i minori detenuti nell'Istituto penale per i minorenni del Triveneto, e da questo confronto è nato il libro “Liberi reclusi. Storie di minori detenuti”: un libro, dunque, dedicato ad una realtà poco conosciuta, a cui pochi sembrano interessarsi, ma della quale c'è una grande necessità di parlare, se non altro perché questi ragazzi, "umanità ferita", nella maggior parte dei casi scontano le "responsabilità di altri". «Un minore detenuto non è l'espressione del "male" della società, piuttosto ne rappresenta la sconfitta», afferma nella prefazione al libro Simonetta Rubinato, sottolineando le parole di Silvano e la sua visione di questa problematica, c...