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Da troppo tempo la ricerca semiotica si è arroccata in un accademismo che si è alla lunga rivelato tanto patetico quanto sterile, attirando non poche perplessità e comprensibili riprovazioni. Se essa vuol recuperare quella attitudine militante che rivelava negli scritti dei suoi primi protagonisti, deve mettersi in questione. Ma deve soprattutto chiarire a se stessa e ai suoi eventuali interlocutori quali modelli d’analisi intende mettere in gioco, quali categorie interpretative è bene che utilizzi, su quali basi epistemologiche intende soggiornare. Lo scopo di questo libro è quello di provare a rispondere, nel vivo delle pratiche di analisi della significazione umana e sociale, a un cruciale interrogativo: di cosa parliamo quando parliamo d’analisi semiotica?
In questo volume, che nasce come esito del XLV convegno dell’Associazione Italiana di Studi Semiotici svoltosi presso l’Università di Cassino nei giorni 6-8 ottobre 2017, è interessante notare come una occasione di riflessione sul metodo semiotico sia diventata più il luogo di una messa in discussione della disciplina che di precisazioni sull’operare della disciplina. Qui non si trova ad esempio più traccia delle antiche diatribe fra “generativi” e “interpretativi”, non si discute di quadrati o passeggiate inferenziali; la semiotica da questo punto di vista sembra aver trovato un equilibrio, optando per un sincretismo di scuole che non posso che apprezzare, nel nome di una maggiore efficacia euristica.
Il nostro presente ci espone a un’inflazione di simboli dal valore e dalla forza differenti: la bandiera europea e Charlie Brown, la croce e il pane, i Beatles e Chanel, Mike Bongiorno e Maradona, il Che e la regina Elisabetta, la Gioconda e il Guggenheim, i Lego e la Coca-Cola, ma anche Arco, QAnon, la conchiglia di San Giacomo, Falcone e Borsellino e il genocidio. Non ci sono limiti a cosa possa diventare simbolo né tantomeno a cosa possa smettere di esserlo, al punto che occorre rinunciare a chiedersi cosa sia simbolo per focalizzarsi invece su quando esso si dia. Questo libro affronta tale questione partendo dai simboli che riconosciamo e utilizziamo, che abbiamo creato e distrutto, intorno ai quali costruiamo consensi e dissensi, che riteniamo eterni o che invece ci appaiono effimeri. Prodotti culturali di varia natura dei quali si può dire solo una cosa con certezza: non sono come gli altri.
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Danza e realtà. Le urgenze di danza e performance sulla scena e nello spazio pubblico a cura di Alessandro Pontremoli Editoriale Coreografie del riconoscimento Alessandro Pontremoli Saggi Per una "storia delle storie" della nascita degli studi in danza nell'università italiana fra pratiche di disciplinizzazione e tendenza agli sconfinamenti Roberta Ferraresi Coreomanie e correnti affettive. Rilievi su The Dancing Public di Mette Ingvartsen Piersandra Di Matteo I cigni non muoiono mai. Variazioni sulla Morte del cigno nel terzo millennio Miriana Pelosi, Matteo Tamborrino, Andrea Zardi Maria Lai, Maurizio Saiu e il rimosso coreografico. Il sasso e la parola, un caso di studio "archeologico" Fabio Acca Queerizzare le epistemologie. Materie ibride e disidentificazione nella scena performativa Ilenia Caleo Corporeità e processi di soggettivazione: aspetti biopolitici delle pratiche coreografiche Irene Pipicelli The Performance Art of Carlos Martiel: The Political Body and Social Change Maria Elena Ricci Danzare il paesaggio: pratiche ecologiche tra coreografia e territorio Emanuele Regi Tra danza, museo e video: strategie dialogiche in un incontro a più voci Xiao Huang
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«Il dibattito sulla natura del linguaggio pittorico è, negli ambienti semiotici, sempre attuale. E nota l’importanza delle lingue naturali nella costruzione del mondo degli oggetti iconizzati. Si postula la necessità di una ‘griglia di lettura’ che permetta il riconoscimento degli oggetti rappresentati in un quadro cosiddetto figurativo. Si ammette che una lettura di questo tipo non dice nulla - o ben poco - sulla pittura come tale. Dopo Diderot - o da sempre forse, senza dirlo - si sa tuttavia che esiste un’altra lettura, ‘tecnica’, della pittura. È [...] come se, talvolta, in vista di una “deformazione coerente” del sensibile, direbbe Merleau-Ponty, una lettura seconda,...
Regista, esploratore, poeta, visionario: tutti questi tratti si fondono in una delle figure più originali e irriducibili del panorama cinematografico contemporaneo. Famoso per i suoi film «estremi», in questo generoso libro-intervista Werner Herzog ne ripercorre la genesi, la lavorazione e l'impatto su critica e pubblico. Tuttavia quel che più conta, per lui, è individuare lo strettissimo legame tra i suoi film e la sua vita, tanto stretto da far sì che i primi appaiano un naturale prolungamento della seconda. «La quantità di false dicerie e di totali menzogne che circolano in riferimento a quest'uomo e ai suoi film non ha analoghi tra gli altri registi, vivi o morti», ha scritto di...
Gli studi antropologici hanno da sempre dedicato molto spazio alle riflessioni sulla cultura materiale, sull’analisi degli artefatti e sul loro ruolo sociale. Un’attenzione minore è stata rivolta al concepire la progettazione come fenomeno socio-culturale. Oggi, a partire dal crescente coinvolgimento del design verso prospettive e tematiche affini a quelle dell’antropologia, quest’ultima è chiamata in causa a pronunciarsi sulla dimensione progettuale del fare umano. Questo testo si pone l’obiettivo di aprire un dialogo con il design, proporre cornici teoriche e osservazioni metodologiche, inaugurando nuovi percorsi didattici e ampliando la ricerca in questo campo di studi.
A ventidue anni di distanza l'autore pubblica, riformulata, la prima parte della sua Tesi di Dottorato (Ricerche intorno alla razionalità semiotica, Università di Bologna) nella quale aveva proposto una lettura della semiotica strutturale e generativa di A.J. Greimas in una chiave fortemente condizionata dalle discussioni che si accompagnavano, soprattutto nella Francia del secondo dopoguerra, allo sviluppo dell'episteme strutturale, da un lato, e alla diffusione delle maggiori opere di E. Husserl, dall'altro. La semiotica generativa appare come una sintesi di straordinaria profondità sulla strada della costruzione di una forma di razionalità “a vocazione scientifica” come risposta all'esigenza di una adeguata descrizione dei fenomeni nelle scienze umane. Al cuore delle I discussioni emerge la paradossalità e al contempo la ricchezza della nozione di senso, vera dimensione sulla quale impostare una riflessione teorica e di metodo e, soprattutto, sulla quale provarsi a praticare un progetto scientifico innovativo: la messa a fuoco delle condizioni immanenti della significazione.