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“La crescita è un atto voluto, altrettanto approntare una via di fuga”. Comincia da qui il nuovo libro di Maurizio Lamorgese, marinaio di grande esperienza sia sulle rotte mediterranee, sia su quelle oceaniche. Uno che va per mare non prima di aver affrontato una disamina completa dei motivi personali o più genuinamente psicologici che lo spingono a tentare una nuova impresa, o a vivere da solo – a tu per tu con la barca e con se stesso – per lunghi mesi. E l’idea della fuga è uno dei motivi più ricorrenti. “Una buona fuga”, scrive Lamorgese, “è un atto di profonda coscienza”. La vita intera è costruita sulle scelte alcune apparentemente casuali, altre superficiali ma anch’esse non senza importanza, mentre altre ancora – e sono poche – vi porteranno molto lontano. Quello sarà un tempo tutto nuovo, unico, personalissimo, perché troverete ciò che di voi ancora non avete conosciuto. Fuggire per conoscersi. È dunque questo il segreto di ogni marinaio professionista?
Le sfide dall’esito scontato tolgono entusiasmo. Questo libro racconta le notti di idoli sconfitti, di comprimari trasformati in campioni. Storie di pugili consapevoli del loro destino, comunque pronti ad approfittare di qualsiasi distrazione o rilassamento del campione di turno, per cercare di batterlo senza alcuna remora. Tra le corde del ring si colgono metafore della vita, in fondo le vicende che riguardano le battaglie combattute con i guantoni sono simili a quelle che incrociamo ogni giorno sul nostro cammino. Un libro per ricordare gli incontri che hanno sorpreso tutti, match di cui sono stati protagonisti pugili italiani. Testimoni di qualcosa che ha sconvolto le previsioni. Nel bene e nel male. Nomi meno noti e personaggi conosciuti, tra questi solo Angelo Jacopucci e Giovanni Parisi, purtroppo, non sono più tra noi. Il tempo del racconto non è poi così lontano. La scelta non è casuale, serve per dimostrare che quando non sapevamo “come sarebbe andata a finire”, crisi o non crisi, il pugilato aveva ancora intatto il suo fascino di “sport-non solo sport”, di disciplina dove tutto sarebbe potuto accadere.
Maestoso, brullo e pelato dal vento. Caro al Petrarca, che si narra sia stato il primo a salirci, e ai ciclisti che lo considerano un santuario del pedale. Ma anche tragico il Mont Ventoux, per quel 13 luglio del 1967 quando al culmine della tredicesima tappa del Tour de France su quelle interminabili rampe arse dal solleone andò in scena il dramma di Tom Simpson, baronetto di Sua Maestà stroncato dall’agonia. Sognava la maglia gialla Simpson, per coronare la sua carriera e per garantire un futuro sereno alla famiglia; il sogno si trasformò in calvario, e la sua fu una morte in diretta. Una giornata drammatica, sconvolgente, e scandalosa quando portò alla luce ciò che doveva rimanere sotto la coperta dell’omertà. L’inconfessabile. Come tanti, Tom Simpson pensava che le anfetamine lo avrebbero potuto aiutare; non poteva sapere che con il calore e lo sforzo, avrebbero costituito una miscela mortale. Nella memoria collettiva il suo nome è associato al doping. La prima vittima del doping. Ma Tom Simpson era anche un grande campione, un pioniere nella storia del ciclismo britannico negli anni della Swinging London. E in questo libro lo vorremmo ricordare anche per questo.
Nel pugilato c’è una categoria di peso che raccoglie il meglio che questo sport sia in grado di offrire. Un palcoscenico in cui recitano campioni e grandi personaggi. I pesi welter rappresentano la boxe dei migliori. Gli autori ci guidano nella dimensione più intima dei protagonisti. Non solo montanti, ganci e schivate, ma anche personalità complesse, luoghi oscuri dell’anima, sensazionali risorse interiori, tragedie e riscatti imperiosi. Floyd Mayweather, Manny Pacquiao, Ray Leonard, Felix Trinidad, Henry Armstrong, Oscar De La Hoya, Emile Griffith, Barney Ross, Josè Napoles e Jimmy McLarnin sono stati uomini capaci di unire carisma e bravura. È il racconto dei trionfi e delle cadute di chi ha scelto uno sport che scruta l’anima nel suo profondo. I ritratti sono sorprendenti, in grado di appassionare chi la boxa e la ama, ma anche chi la conosce appena. Sul ring non si mente, nella vita molti di questi eroi lo hanno fatto. Al suono del primo gong però erano pronti a mettere in gioco tutto, pur di scendere dal ring con la cintura del vincitore. Questa è la storia di dieci fenomeni. Pesi welter, ovviamente.
Calabria, Dubai, Roma sono le tre tappe che percorrerà il vicequestore Tano Martini in questo settimo volume della saga. Dovrà sfidare il crimine organizzato, e lo scontro sarà violento, terribile… ‘Ndrangheta calabrese e terrorismo internazionale sono le prime due indagini che il nostro eroe dovrà affrontare con molta cautela, grande intuito e tenace perspicacia, al fine di uscirne, ancora una volta, vincente. La terza indagine lo riporterà a Roma. Marta Morgante, figlia di un imprenditore romano, viene ferita gravemente con un colpo di pistola che coinvolgerà l’arteria femorale. La giovane donna si accascia all’entrata del commissariato. Soccorsa tempestivamente, si salva in extremis, dopo un lungo e delicato intervento. Tutto sembra coinvolgere Julio Striatore, libertino romano e compagno di Marta, che, tuttavia, al momento del tentato omicidio, era in Brasile… Occorre una strategia illuminante per riuscire a risolvere il caso. Anche in questo volume amore e morte si mescolano, generando sentimenti contrastanti che bloccano il lettore sul testo, impedendogli la benché minima distrazione.
Quante volte gli spettatori di oggi hanno sentito parlare del modulo «WM», o della «zona», o del «pressing»? Parole ormai entrate nel vocabolario collettivo del calcio, ma da dove derivano, chi ha inventato quegli schemi, quei sistemi di gioco, chi li ha modificati in corso d’opera? Questa serie di racconti porta sul palcoscenico gli uomini che hanno avuto la grande trovata che è poi diventata consuetudine: da qui il titolo «Eureka Football Club». Basti pensare al «doppio passo»: oggi tutti (o quasi) lo fanno, ma forse non sanno che il padre di quel colpo da funambolo è un italiano: Amedeo Biavati. Giocava nel Bologna e nella Nazionale, e il suo stile ha influenzato persino Pas...
A quali Giochi si giocherà nel prossimo futuro? E quando l’atleta finirà per cedere il ruolo da protagonista allo spettatore? Il piano del Cio per il lancio dei prossimi Giochi di E-Sports (videogames) apre scenari sul rapporto tra reale e virtuale, frutto di un processo di mutazione genetica iniziato dagli anni Settanta. Alla vigilia di Parigi 2024, “Giochi mutanti” ripercorre l’evoluzione della specie olimpica attraverso le prime volte di nuovi sport, i cambiamenti nella gestione politico-economica dell’evento e storie esemplari di discipline sui generis figlie dei tempi. Dalla corsa con i calessi all’apparizione della motonautica, dall’esordio di sport poi diventati ultra popolari ai voli in aliante, dall’esordio del bowling alle sfide di poesia, questo viaggio nel pianeta a cinque cerchi verso un futuro spesso già passato, segue l’andamento che ha portato al superamento del paradigma olimpico, nella sua versione decoubertiana. Ed è sempre più evidente come sia la fruibilità dello spettatore il vero artefice del successo.
Una guida utile ed esauriente, oltre che ricca di storie e aneddoti sulla navigazione, per venire in soccorso di chi acquista per la prima volta una barca, nuova o usata che sia, e deve condurla “a casa”. Per una barca la casa è il luogo in cui staziona, può essere un fiume, un porto sul mare, o un lago. Per portarla al luogo di destinazione, però, occorre qualcuno che si erga a comandante e accetti di misurarsi con le implicazioni, le difficoltà e i timori relativi al primo viaggio. Le barche sono come i bambini, c’è un momento in cui bisogna prenderle per mano e fare in modo che ti seguano fiduciose, compito che può sembrare facile ma non è così scontato. Da sempre la barca è da considerarsi un mezzo molto particolare da gestire e conservare, forse al pari di un aereo. Del resto, entrambi si muovono in un elemento vivo e variabile, l’Aria e l’Acqua, e per ovvi motivi la capacità di saperli condurre deve essere comprovata. Ecco i consigli di un “comandante” di comprovata esperienza, in particolare nel settore dei “trasferimenti”, termine con cui nella nautica odierna si indica il “primo viaggio”, con tutte le sue difficoltà.
La nascita del pattinaggio artistico su ghiaccio precede quella dei Giochi olimpici moderni, con la federazione internazionale che è stata fondata due anni prima del CIO e la prima edizione del Campionato europeo che si è svolta nel 1891. L’ingresso della disciplina nel programma olimpico risale al 1908, unico sport invernale in un evento per il resto composto da discipline estive. Dalle gesta dei pionieri, con le rivendicazioni femministe di inizio secolo, i cambiamenti nel costume, la discontinuità creata dalle guerre, le questioni politiche che più volte hanno condizionato le gare o la vita degli atleti, episodi che sono usciti dai palazzetti del ghiaccio per finire sulle pagine di cronaca ed entrare nelle aule dei tribunali, il graduale allargamento del campo dei partecipanti a nuovi continenti o ad atleti che non corrispondono alle immagini canoniche dei pattinatori, e richieste tecniche che sono passate dalla precisione delle intricatissime figure tracciate sul ghiaccio nel XIX secolo ai salti quadrupli attuali, la disciplina ha una storia ricchissima, tutta da scoprire.
“Non ho memoria, almeno ne ho sempre avuta poca. E questo è un problema, perché ricordare aiuta sempre nella vita, specie se vuoi raccontare. Così mi arrampico sulle parole, battute su una tastiera però, che per me è più facile”. Parte da qui, da questa confessione – strana per un giornalista con 40 anni di servizio, e di servizi, sulle spalle – il nuovo libro di Alberto Caprotti, inviato di Avvenire sui fatti dello sport e della vita. C’è la voglia di mettere il punto su una carriera composta da mille cose fatte, fortunata nella misura in cui non è dato ai giornalisti di oggi, di sognarne di simili. Un certo giornalismo – si dice – ormai è morto, gli editori non lo co...