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The hypothesis from which this book starts is that the twentieth century has broken the link between time and history, thus producing a twofold consequence. On the one hand, time definitively loses the characteristics of linearity and coherence that it still had in Hegel, and will be conceived in terms of a multiplicity of heterogeneous temporal lines; on the other hand, and consequently, history tends to disappear from the philosophical horizon to give way to theses on a post-historical time, whose main characteristics are stasis, the inability to synthesize incoherent temporalities, the impossibility of producing openings towards the future. However, precisely within the short century – the one in which time has supposedly contracted to the point of expunging history from itself – critical reflections were produced, which, despite the acquisition of scientific and philosophical lessons about the multi- form and reversible nature of time, have recovered a fruitful relation with history in a cumulative and teleological sense.
Arte, storia ed esoterismo sono solo alcuni dei variegati ambiti del sapere entro cui il controverso pensiero di Julius Evola si destreggia. Evola fu però anzitutto un filosofo ed è in quanto tale che questo lavoro intende interrogarne criticamente la riflessione. Intrecciando istanze neoidealistiche e suggestioni “volontaristiche”, la prospettiva evoliana si configura come un estremo tentativo di «provare l’Io» oltre ogni sua semplice dimostrazione. Se da un lato ciò conduce ad una riconfigurazione del rapporto tra teoria e prassi tale che la prima tende a risolversi nella seconda, d’altro canto tale risoluzione rimane vincolata ad un criterio di certezza (Evola lo chiamerà «...
Nell'indagine prospettica della proposta di Nova Theoretica si è imposta la necessità di indagare il tema dell'idea per rintracciare in questo concetto e in questo termine alcuni dispositivi teoretici capaci di restituire orizzonti e riflessioni sull'essenza stessa della filosofia. Il tema, trattato da diverse prospettive storiografiche e speculative, offre alcune linee ermeneutiche del problema "Idea" per ritrovare, nella forza di tale concetto, una radice feconda del filosofare oggi. Con saggi di Massimo Adinolfi, Kurt Appel, Carla Canullo, Alberto De Vita, Massimo Donà, Daniel Kuran, Thomas Leinkauf, Carmelo Meazza, Marco Moschini, Michele Ricciotti, Francesco Valagussa, Pavao Zitko.
In questo fascicolo: Alberto De Vita, Francesco d’Assisi tra reazione e innovazione, tradizione e tradimenti; Maurizio Maria Malimpensa, Per una rilettura di alcuni aspetti teoretici dell’Umanesimo filosofico di Giovanni Pico della Mirandola; Massimo Gorla, Sguardi intorno all’ideale estetico in Giuseppe Rensi; Davide Mogetta, La pienezza di un’esperienza mancante. Sentimento e arte ne La filosofia dell’arte di Giovanni Gentile; Michele Ricciotti, Il “pragmatismo estetico” di Adriano Tilgher. Tra Croce e Gentile; Massimo Donà, Nel cuore antifascista del fascismo. Julius Evola: sul tradimento di un’utopia. Razza, individuo e massa; Giuseppe Maccauro, Ingens sylva: Enzo Paci e la crisi dell’umanesimo europeo; Francesco Valagussa, Severino interprete di Fichte; Nazareno Pastorino, Le insidie dell’anello. Severino interprete di Nietzsche o Nietzsche interprete di Severino?; Paolo Polizzi, Fondamento e contraddizione nella metafisica neoparmenidea; Marco Bruni, Italia secolare. Considerazioni sul rapporto tra “pensiero italiano” e “secolarizzazione”.
In questo fascicolo: Germana Alberti, Logiche del sensibile, logiche dell’imprevedibile: a spasso con Diderot; Antonio Branca, Il passaggio all’intuizione. Hegel, Kant e il problema della sensazione; Alessandra Campo, Logica della sensazione, logica dell’origine: Kant e l’estetica superiore delle Anticipazioni della percezione; Alfonso Di Prospero, Sense-data, Gestalten e ordine della natura; Nazareno Pastorino, La sensazione come orizzonte chiuso e come orizzonte infinito. Riflessioni su Hegel e Merleau-Ponty; Matteo Sgorbati, Jung e il problema di Cartesio: la sensazione come funzione della coscienza; Rita Argentiero, Connessioni intertestuali fra il Saggio sopra la pittura di Fran...
L’accoglienza riservata alla Teoria del pragmatismo trascendentale nel 1915, anno della sua pubblicazione, fu tutt’altro che benevola. Oggi, a più di un secolo di distanza, i tempi sono forse maturi per riconoscere la giusta collocazione storica e filosofica a un’opera che ha pagato oltre il dovuto il fatto di esser nata all’ombra dei grandi sistemi filosofici di Croce e Gentile. La Teoria, situandosi all’origine della vasta produzione saggistica tilgheriana, è testimonianza di un originale tentativo di articolare in forma sistematica il problema che segna il dibattito filosofico nei primi decenni del Novecento, vale a dire il contrasto tra la vita e le forme, l’arte e il pensiero, la morale e il diritto, aprendo inoltre la strada alle successive indagini di Tilgher rivolte a varie sfere della cultura italiana ed europea.
Il volume approfondisce, da un alto, il dialogo che Nicolò Cusano (1401-1464) ha intrattenuto con alcuni maestri della tradizione filosofica (come Platone, Aristotele, Proclo, Dionigi Areopagita, Giovanni Scoto, Eckhart) e, dall’altro, le riflessioni che alcuni pensatori contemporanei (in particolare Pareyson e Beierwaltes) hanno sviluppato nelle loro letture della sua opera. Intrecciando queste due dimensioni, il lavoro intende evidenziare le profondità teoretiche della speculazione cusaniana, sviluppando sia la felice intuizione di Luigi Pareyson, secondo cui il filosofo tedesco sarebbe tra quei pensatori che hanno elaborato una concezione dell’Uno come libertà, sia la tesi di Werner Beierwaltes, relativa all’eccedenza dell’henologia cusaniana rispetto a quella tradizione di pensiero che Heidegger ha denominato criticamente “onto-teologia”.
Un corpo a corpo degno dell’autore con cui viene ingaggiato; un corpo a corpo con il pensiero di Emanuele Severino sicuramente all’altezza del rigore speculativo di quella che è senz’altro, anche per Marco, una delle massime espressioni del pensiero contemporaneo. Marco Rienzi, comunque, interroga Severino, ma attraverso questo esercizio ermeneutico-teoretico, fa anche i conti con alcune delle grandi questioni che ossessionano la filosofia sin dalle sue prime testimonianze, e in particolare con uno degli autori con cui lo stesso pensiero di Severino è in costante dialogo: Hegel. Ma quel che più conta è che il giovane studioso, dottorando dell’Università San Raffaele, riesce in queste pagine a far toccare con mano, al lettore, cosa significhi ‘filosofare’, senza perdersi in superflue valutazioni di questo o quel contenuto del pensiero severiniano, ma ripercorrendone con piglio da studioso di grande raffinatezza gli snodi essenziali, con una consapevolezza ‘critica’ che gli consente di non farsi mai fagocitare (come sarebbe peraltro potuto facilmente accadere) dalla fascinazione connessa ad ogni grande testimonianza filosofica.
La ricerca affronta il pensiero di Derrida alla luce dal suo rapporto con il giudaismo. L’analisi segue tre concetti chiave: lingua, legge e terra, sviluppati nel confronto con la modernità ebraica. La prima parte mette in relazione la decostruzione del logocentrismo con l’attenzione ebraica per l’alterità della significazione e della scrittura, tramite il rapporto con le Scritture e la “lingua santa”. La seconda connette la cifra sradicante e singolare della legge mosaica con la decostruzione del legalismo. La terza affronta la rilettura della cifra esodale e messianica del giudaismo, utile a Derrida per ripensare il politico. Tale prospettiva mira a suggerire quanto l’ebraicità derridiana possa rappresentare una chance per l’Europa a-venire.