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Dalle città francesi, ornate da bellissime cattedrali, ai territori contadini delle regioni tedesche, alle colline e montagne italiane e svizzere, alle lande desolate dei Pirenei ispanici, fino alle distese di pianura delle giovani colonie americane: tra la fine del Trecento e la fine del Seicento, sventura, povertà e orrore si moltiplicano, in un crescendo degno di una tragedia greca, attorno a un nucleo unico e quasi completamente “al femminile”, quello che prende il nome di opera stregonesca. Il dibattito sul numero delle donne sacrificate alla teoria della lotta al male è tuttora in corso. Sembrerebbe, allo stato attuale, di poter accettare l’idea, deducibile dai documenti proce...
A Loudon il diavolo è di casa: tutti lo hanno visto, o almeno credono.... 17 monache indemoniate, un cardinale potente, un parroco libertino e un gesuita che, per salvare tutti, divenne "branco di porci". Verso la metà del 1600 Loudun divenne la città del diavolo: in quella fiorente cittadina francese uomini e donne, preti e monache, medici e magistrati, santi e delatori, tutti incontrarono il diavolo, o credettero di incontrarlo. Tutto ciò che di alto o volgare appartiene all’umano, tutto accadde a Loudun. E quel luogo si trasformò in una delle immagini dell’eterna sfida tra la possibilità, per l’uomo, di preservare la propria umanità e la scommessa, diabolica, di trasformarlo in demone. L'autore:Teologo e scrittore affermato, da anni si occupa di consulenza editoriale con primarie case editrici.
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A molti capita spesso di trascinare la sera disperdendosi in mille cose. Ci si sente in dovere di spremere dagli ultimi istanti della giornata un succo che non c'è più, di chiedere una proroga senza senso a un tempo che domanda solo di essere chiuso. Oppure si crolla di schianto dalla stanchezza, senza quasi rendersene conto, senza trovare pace, stretti da una morsa che comprime i pensieri e non lascia spazio ai bei sogni. Il credente saluta il giorno che muore, e lo fa nella preghiera. Al di là della debolezza e della fretta che lo consumano, avverte la necessità di un buon finale, che superi la fatica di dire addio (al giorno, alle persone, alle cose), che attenda come dono prezioso un'alba nuova dalle mani di Dio. Custodisca il Signore il nostro tempo e i nostri sogni, in ogni istante della vita, prima che il giorno si chiuda.
"Dio fra le righe" è una vera e propria incursione nella letteratura contemporanea tesa a individuare come la domanda religiosa sia presente in tanta letteratura insospettabile. Indagando scrittori come Cormac McCarthy, Colum McCann, Chaim Potok, Wendell Berry, Eric-Emmanuel Schmitt ... si scoprono riflessioni sagaci sulla fede e la grazia, l'incarnazione e l'amore, la resurrezione e il perdono. In queste pagine è possibile rintracciare come la questione spirituale venga affrontata da numerosi narratori di oggi, atei e non, capaci di indagare il mistero della fede con uno sguardo intriso di poesia e di sapienza: le tematiche religiose non vengono sottaciute né eliminate dai maggiori autori di best seller.
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«Il silenzio del deserto non l’ho vissuto come un vuoto spaventoso. No. Quel silenzio era pieno della presenza più solida e inamovibile che sta a fondamento della terra». Con queste parole Johannes Maria Schwarz descrive nelle prime pagine del suo racconto l’esperienza nel deserto del Neghev da cui è nata la sua scelta di vita eremitica. Dopo una gioventù vagabonda fra l’Europa e l’Australia, da artista di strada con la passione per la fotografia e i documentari, viene folgorato ad Assisi. Si riavvicina al cristianesimo e decide di farsi prete dopo il Cammino di Santiago percorso a piedi senza zaino e senza soldi. Oggi don Johannes trascorre metà dell’anno nei boschi del Mont...
I roghi di 'streghe', a migliaia, forse a milioni, hanno sinistramente illuminato la storia d'Europa. Ma chi è veramente la strega? Per capire la strega c'è bisogno di studiarla, ma c'è bisogno forse soprattutto di amarla, cercando per quanto possibile anche oggi di condividerne il dolore, cupo e silenzioso, che si trasforma in resistenza più o meno cosciente.
È, questa, un’epoca particolare della vita del nostro Paese. Il perverso intreccio tra crisi economica e crisi della giurisdizione non sembra aver imboccato la strada di una globale soluzione della loro trama, neanche un avvio verso possibili indirizzi sananti del conflitto istituzionale. Sembra, anzi, che sia poco curata la conoscenza delle ragioni di quell’intreccio e dei suoi effetti e, quindi, la consapevolezza che dal punto di vista strutturale la prima non cesserà realmente se non si risolve la seconda. Eppure è incontestabile che il territorio privilegiato di quell’intrico è fornito dalla ineffettività della giurisdizione – soprattutto penale – che sottrae risorse al Pa...