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Nel 1612 Carlo Bescapè dava alle stampe la sua Novaria sacra, nella quale, per la prima volta, si trova delineato il sentimento religioso più genuino e “popolare” riscontrato dal vescovo nelle sue visite pastorali, che toccarono ogni angolo dell’ampia diocesi novarese. A distanza di quattro secoli, come è cambiata la devozione del popolo “gaudenziano”? In copertina le cavagnette di Vagna e di Viganella ritratte da Luca Ciurleo per Studio fotografico Tancredi di Piedimulera.
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Attraverso il dibattimento processuale rivivono le “imprese” della tristemente nota formazione repubblichina voluta dal trio Vezzalini, Pasqualy e Martino, che, in soli sei mesi – dall’aprile all’ottobre 1944 – riuscì a compiere tali e tante nefandezze che le stesse autorità fasciste, caso forse unico, ne decretarono lo scioglimento. Le foto di copertina e di pagina 145 ritraggono i momenti immediatamente precedenti e susseguenti l’esecuzione della condanna a morte di Vezzalini e dei suoi complici.
"Nel 1811 si svolse, in tutti i Dipartimenti del Regno d'Italia, la grande inchiesta voluta da Napoleone sulle tradizioni, le credenze, le superstizioni e la "lingua ancestrale" usata dal popolo. A distanza di due secoli, questa ricerca si pre gge lo scopo di fare il punto su quanto rimane dei cosiddetti "beni immateriali" in un territorio preso a campione: il Novarese."
La questione legata alla presenza sul nostro territorio degli zingari – e, più in generale, dei vagabondi – è tornata prepotentemente alla ribalta dopo che, per alcuni decenni, sembrava essersi sopita quando non addirittura superata. Questo libro – limitato nella sua ricerca alla dimensione storicoantropologica e ad una regione campione, quale il Novarese – si prefigge lo scopo di fornire alcuni spunti di riflessione a quanti, con onestà intellettuale, sono interessati ad approfondire i motivi di questa secolare, difficile convivenza. Tra le figure descritte non poteva mancare il “camminante”, presenza connaturata alla campagna del Piemonte orientale, con le inevitabili “devianze” criminali.
Le Rime (Venezia, 1546) del novarese Giovanni Agostino Caccia sono l’espressione significativa di quel petrarchismo settentrionale del primo Cinquecento ossequioso al modello di riferimento ma, allo stesso tempo, aperto alle suggestioni stilistiche e tematiche di autori appartenenti a una tradizione consolidata o in via di assestamento. Attraverso i suoi versi è possibile ricostruire il complesso intreccio di influssi culturali e sociali grazie ai quali il poeta novarese fu in grado di plasmare il suo originale universo poetico.