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Spaziando tra filosofia, teologia, estetica e politica, gli scritti raccolti in questo libro si misurano con un compito tanto arduo quanto necessario: quello di comprendere, una volta di più, quali e quanti saperi concorrano nella composizione dell’immagine di ‘Europa’ e della sua sfuggente ‘verità’. «A guidare l’articolazione di questi pensieri – che solo in maniera semplificata potremmo ricondurre ad un problema di definizione – è l’idea che quello di ‘Europa’ sia una sorta di concetto strutturalmente incompiuto, che ‘Europa’ sia insomma sempre un processo ed un cammino verso la sua stessa verità, piuttosto che il nome con cui sia stata fissata una identità ferma e irrevocabile».
Sommaire Éditorial – Destinerrance Danielle Cohen-Levinas, Gianfranco Dalmasso Serge Margel Séculariser la langue. Derrida, Scholem et Rosenzweig Francesco Valagussa Che cosa significa tradurre? Geoffrey Bennington Ecrire, écrit-il Silvano Facioni Limitrofie. Pirati alle frontiere del pensiero. Danielle Cohen-Levinas Derrida, le dernier des écrivains. «Pourquoi les larmes sont douces aux affligés?» Francesco Mora L’Altro e il suo doppio Carmelo Meazza Il terzo dell’Altro o l’altro come Terzo Valerio Rocco Lozano La tra(d)ición europea: identidad política y lingüística como auto-negación y contaminación Fortunato M. Cacciatore Cittadini, stranieri, (e)immigrati. Antinomie Félix Duque Dell’altro tra noi. (L’immigrazione, il male preteso) Autres essais Gérald Sfez Leo Strauss et le judaïsme philosophique. À la lecture de Maïmonide Juan Manuel Garrido Derrida avec Cavaillès
Una raccolta di saggi per tracciare un itinerario ideale nella storia del libertinismo italiano, da Paolo Sarpi a Gregorio Leti. Venezia rappresenta il centro di questa tradizione, scettica e irriverente, che investe in una polemica incessante i costumi conformistici degli italiani, le aspirazioni politiche del papato, il dominio esercitato dagli spagnoli attraverso le massime della Ragion di Stato. Le vicende di questi scrittori, spesso avventurose, sono poste in relazione con quelle degli esprits forts d’oltralpe che scrivono di politica all’ombra del cardinale Richelieu. Nel loro rapporto ambivalente con il potere, i libertini sperimentano una continua tensione tra necessità del segreto e volontà di disinganno, prudente ricorso alla dissimulazione e consapevolezza della nascita dell’opinione pubblica. Le filosofie libertine, infine, offrono una riflessione realistica e disincantata sui limiti dell’agire politico e sulle cause occasionali e fortuite che ne sono alla radice.
[Italiano]: Aporie dell’integrazione europea: tra universalismo umanitario e sovranismo è frutto di un percorso di studio e di ricerca che ha coinvolto studiosi afferenti all’Università di Évora e al Centro de Investigação em Ciência Política (CICP) in Portogallo e studiosi del DSU della Federico II di Napoli e di altre prestigiose università italiane. Il volume articolato in tre sezioni, affronta con un approccio interdisciplinare, la tensione tra l’universalismo – inteso tanto come principio filosofico proprio della tradizione culturale occidentale, quanto come principio giuridico-politico che è alla base del processo di integrazione – e il principio di sovranità che in...
Il libro svolge una riflessione su alcuni autori della prima età moderna italiana, dopo la grande svolta costituita dalla rivoluzione culturale rinascimentale, dalle guerre d’Italia, dalla spaccatura dell’unità religiosa europea determinata dall’insorgere della Riforma protestante e dalla risposta tridentina. È un insieme di eventi, che provoca lo sgretolamento degli assetti istituzionali, politici, religiosi, intellettuali, ereditati dagli ultimi secoli medievali. Un tale sisma viene osservato da un peculiare punto prospettico: il rapporto fra politica e profezia, ovvero fra politica, religione e futuro. Di fronte a questa situazione critica si poteva reagire con strategie conservative degli assetti tradizionali, oppure proponendo profonde innovazioni che fossero all’altezza dei tempi. Ed è, appunto, quello che fecero Savonarola, Machiavelli, Campanella, elaborando pensieri analoghi o molto diversi fra di loro. Ma tutti e tre dimostrando di essere consapevoli delle catastrofi dei loro tempi. Tutti e tre, ovviamente ciascuno nelle sue guise precipue e con la propria intensità, seppero fronteggiare le sfide della nuova epoca in cui vivevano.
Questo libro si sottrae alla doppia, opposta tentazione di enfatizzare o di demolire il pensiero di Marcuse. Ne tenta invece una lettura unitaria come sforzo continuo di sviluppo e aggiornamento di un’antropologia filosofica incentrata sul concetto di lavoro, elaborata da Marcuse già negli anni Trenta sulla base della coppia antitetica delle nozioni heideggeriane di autenticità e inautenticità. Tali modalità continuano ad operare fin dentro la fase più matura del pensiero di Marcuse per definire la condizione dell’esistenza umana nell’alienazione capitalistica e nella liberazione: ne scaturisce un quadro analitico di estrema attualità, soprattutto in condizioni storiche in cui la critica dell’economia politica fa fatica ad essere applicata ai nuovi contesti e a farsi promotrice di prospettive di liberazione.
Giuseppe Prestipino ha da sempre accompagnato la sua attività di docente con un grande impegno politico e culturale. Giornalista, sindacalista, membro del Comitato centrale nel PCI, è stato professore di Filosofia teoretica nell’Università di Siena, ha collaborato alle principali riviste filosofiche italiane e straniere. È Presidente onorario del Centro per la Filosofia italiana e direttore della Rivista filosofica “Il Contributo”. È autore di numerose opere tra cui ricordiamo Natura e società (1973), Da Gramsci a Marx (1979), Modelli di strutture storiche (1993), Realismo e utopia. In memoria di Lukàcs e Bloch (2002), Tre voci nel deserto - Vico, Leopardi, Gramsci (2006), Grams...
Il volume esplora una costellazione di temi che ruotano intorno alla ricognizione dello statuto della vita interiore e, dunque, alle questioni della soggettività, del “patico”, del tempo, della colpa, della storicità dell’esistere, a partire dall’orizzonte filosofico del nostro tempo: da Heidegger a Jaspers, a Camus, a Kierkegaard, a Piovani, a Masullo, ad altri ancora. Centrale è il rapporto tra solitudine ed esistenza e, ugualmente, l’approfondimento della dialettica tra comunità e isolamento, tra intimità e relazionalità, tra solitudine e collettività. Non manca una riflessione sulla letteratura e sulle arti. L’idea che la solitudine sia una metafora della incomunicabilità, dell’impossibilità di raggiungere l’altro appare una costante nella letteratura del nostro tempo. La chiave di volta del volume è che la solitudine sia una delle disposizioni cooriginarie e costitutive dell’esistenza – una Stimmung suggestivamente evocata dai poeti, oltre che lungamente esplorata dal pensiero filosofico.
Siamo soliti intendere il rapporto tra esperienza ed esperimento come un prodotto della prima Modernità, come il risultato dell’imporsi del metodo scientifico galileiano e quindi come espressione di un’opposizione: tra soggettivo e oggettivo, qualitativo e quantitativo, interno ed esterno, psiche e natura. E non mancano di certo buone e abbondanti ragioni per dare quest’idea quasi per scontata. Scopo del volume è sottoporre a critica una tale convinzione, attraverso due mosse in qualche modo simmetriche: tornare indietro agli albori del Medioevo, ai commentari duecenteschi di Aristotele e a Ruggero Bacone e andare molto avanti, alla più recente contemporaneità, laddove la questione finisce per riguardare il medesimo statuto della filosofia. Lungo il percorso, e per ogni tappa, la relazione tra esperienza ed esperimento si arricchisce e modifica, trovando inediti punti di ricaduta nella scienza pre-moderna, nella teoria della musica e nel decisivo confronto tra fenomenologia e filosofia analitica.
La vita sovente si manifesta come ciò che irrompe e frantuma il modo rassicurante di rappresentare e di significare il mondo in cui esistiamo. L’assurdo, allora, fa irruzione lasciando intravedere come al di là di tutto, a fondamento, non ci siano tanto un senso e un orizzonte promettente, quanto piuttosto il caos. Ci si affaccia – si è scaraventati – in una dimensione molto concreta, in cui tutto perde di significato e diviene indifferente. Si viene sopraffatti dal Male, che non può essere ricondotto a un’azione, umana o non-umana, di fronte alla quale si potrebbe ancora re-agire, né può essere spiegato e quindi ricondotto all’interno di un mondo, un sistema di significati. Di fronte a questa situazione, alle volte, ma non sempre, si manifesta non tanto una via d’uscita, quanto piuttosto un modo di stare, di abitare al bordo di questo abisso, senza venirne risucchiati. Il corpo, al di là della contrapposizione corpo-carne, può diventare allora luogo di questa possibilità.